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«A Scalea comandiamo noi», il gruppo si vanta ma la qualità della droga è scadente. «Viene mischiata con altro»

Nell’ultima indagine dei carabinieri, gli assuntori si confessano. «Non era buona» e c’è chi ammette «me la faccio nelle vene ma è zucchero»

Pubblicato il: 23/11/2024 – 18:29
di Fabio Benincasa
«A Scalea comandiamo noi», il gruppo si vanta ma la qualità della droga è scadente. «Viene mischiata con altro»

SCALEA «A Scalea comandiamo noi». Un «notevole giro d’affari» muove gli interessi del gruppo impegnato a dirigere il traffico di droga sul Tirreno Cosentino. E’ quanto emerso dalle indagini condotte dai carabinieri, coordinati dalla Dda di Catanzaro e che ha portato all’arresto di 4 persone, finite in carcere. I sodali utilizzano il gergo criptico per mascherare (evidentemente in maniera poco efficace) i continui e sistematici contatti per acquistare o cedere sostanza stupefacente. Gli organizzatori e coordinatori dei traffici illeciti del sodalizio prendono le decisioni di maggiore rilievo e impartiscono ordini e direttive ai pusher. Ma nella catena dello spaccio, qualcosa si inceppa. In una delle confessioni rese agli inquirenti, un assuntore si sofferma sulla qualità dello stupefacente acquistato. «Non era buona (…) mi ero accorto, infatti, che tale sostanza veniva mischiata con qualcos’altro, penso metadone, tanto che l’effetto generato dalla sua assunzione risultava alquanto diverso dal solito».

Le lamentele

Le intercettazioni, captate da chi indaga, catturano i dialoghi degli interlocutori che «in modo sistematico, intrattengono brevissime conversazioni nelle quali si limitano a concordare incontri». Tutti, o quasi, finalizzati alla compravendita di stupefacente. In alcune circostanze, sono gli stessi assuntori a pretendere un prodotto di qualità, evidentemente insoddisfatti dal precedente acquisto. «Ti raccomando… comportati bene», osserva uno mentre un altro fa riferimento allo stato di astinenza dei consumatori «sono qua, che questi stanno morendo». Accanto alle reprimende sul numero delle dosi, le lamentele giungono soventi sulla scarsa qualità della sostanza ceduta. «Niente… niente… niente, io me la faccio nelle vene, non è che me la faccio… Non l’ho neanche toccato, come l’ho toccato con il muso… è zucchero». Ed ancora, «ma almeno sei rimasto contento della macchina?…Si ma insomma… la macchina… insomma, diciamo va bene però… il motore è un po’ a terra». Sempre dalle intercettazioni, emerge la richiesta di un pusher deciso ad avere informazioni sullo stupefacente venduto. ««Buongiorno non mi hai fatto sapere se era più bella…Insomma, no, insomma, insomma….era diversa però».

La preoccupazione

Dalle recenti inchieste condotte nel Cosentino e volte a stoppare il narcotraffico, emergono diversi dialoghi ritenuti illuminanti da chi indaga e utili a delineare i contorni di un quadro decisamente allarmante. Nell’inchiesta, coordinata dalla Dda di Catanzaro denominata “Recovery“, due giovani si rendono protagonisti di un colloqui totalemnte dedicato al consumo e abuso di stupefacenti nella città dei bruzi. «Questa cosa qua… è quello che piace alla gente…sono abituati, sembri un leone, sembri un leone…» ed ancora «ti fai un grammo e devi andare in ospedale per questa cosa». C’è chi invece pare edotto sul tipo di sostanza assunta. «La prendono, e che fanno, per farla stare pressata. Ci buttano qualche cosa dentro, tipo metadone o altro. Ammoniaca ci buttano». Le considerazioni sono evidentemente allarmanti, nonostante tutto i venditori di morte continuano a spacciare mentre gli assuntori chiedono l’ennesima dose di veleno. (f.benincasa@corrierecal.it)

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