ROMA Esponenti di vertice che erano anche in contatto con soggetti calabresi per il rifornimento di droga, e in particolare di cocaina, venduta a buon prezzo, almeno secondo quanto emerge dalle intercettazioni. Stupefacente destinato alle piazze di spaccio del Lazio, in provincia di Roma e Latina, il cui traffico era gestito da una consorteria armata composta da «soggetti che hanno assicurato lo stabile approvvigionamento delle piazze di spaccio di Fondi, Latina, Terracina e Nettuno con ingenti quantitativi di hashish, marjuana e cocaina, con base logistico-operativa a Fondi». L’inchiesta, nata da tre indagini che sono confluite in una sola, ha portato all’arresto di 16 persone accusate, a vario titolo, di appartenere ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dall’uso delle armi, di estorsione, usura, violenza privata e minaccia aggravata.
Al vertice, secondo quanto ricostruito dalla Dda di Roma c’erano Massimiliano e Gianluca Del Vecchio, e Jhonny Lauretti, accusati aver «costituito, diretto, organizzato la consorteria ed in tale ruolo per essere stati gli esponenti di vertice gerarchicamente sovraordinati in ordine a tutte le attività illecite poste in essere dall’associazione, con il ruolo di fornitura della sostanza stupefacente ai distributori intermedi operanti sul territorio e di direzione di tutte le attività finalizzate al procacciamento dello stupefacente da destinare allo spaccio e alla successiva attività di rifornimento, cessione e vendita, mantenendo un costante collegamento tra gli associati, anche nei periodi di detenzione, attribuendo a ciascuno specifici ruoli, dando disposizioni ai partecipi sulle modalità di realizzazione delle condotte di cessione, trasporto e distribuzione dello stupefacente nonché delle estorsioni e sulla distribuzione dei profitti, gestendo la cassa ed i contrasti tra i sodali e ripartendo i profitti fra gli associati nonché attraverso l’uso della violenza nei confronti dei gruppi criminali operanti nella città di Fondi». Ed era invece Luigi Buonocore ad «assicurare stabilmente un canale di approvvigionamento di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina, assicurando le forniture anche senza il pagamento immediato dell’intera somma convenuta, contrattando di volta in volta il prezzo al chilo di cocaina con i promotori Lauretti e Del Vecchio».
Proprio Buonocore era rimasto coinvolto nel 2017 nell’indagine della Guardia di Finanza di Roma “Luna Nera”, che ha fatto luce sui rapporti tra criminalità romana e ambienti malavitosi della ‘ndrangheta stabilizzati su Roma e legati al boss Maurizio Rango, e della Camorra, in sinergia con il gruppo del boss Michele Senese, rappresentante del clan camorristico Moccia di Afragola, e massimo esponente della camorra nella Capitale. Luigi Buonocore e il fratello Carmine, secondo quanto accertato dagli investigatori, rappresentavano il collegamento tra questi ambienti.
In diverse conversazioni captate e riportate nell’ordinanza di custodia cautelare, gli esponenti del gruppo criminale fanno riferimento a rapporti con soggetti di origine calabrese. «Ce l’ha il calabrese», «Sto a vede con il calabrese», si legge nelle chat con riferimento alla sostanza stupefacente. E, in particolare, in una conversazione tra Jhonny Lauretti e Buonocore, il primo chiede di abbassare il prezzo della sostanza in quanto i calabresi, con i quali asseriva di essere in contatto, gliela potevano piazzare a 35mila euro al chilo. «Frate ce l’hanno calabrotti. Vuole 35. Giuro», scrive Lauretti. Ma il legame che lo vincolava al Buonocore lo aveva comunque indotto a continuare a preferirlo come fornitore: «Ma nn mi fido. Non la compro». «C’hanno solo roba rifatta fidate». «Preferisco comprare da te che sei un fratello». (m.ripolo@corrierecal.it)
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