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la riflessione

Game over per la città unica a Cosenza: va in tilt il progetto di fusione

Analisi del voto referendario da un punto di vista molto fazioso

Pubblicato il: 02/12/2024 – 8:16
di Paride Leporace
Game over per la città unica a Cosenza: va in tilt il progetto di fusione

COSENZA Tre piccole città, Cosenza, Rende e Castrolibero restano al loro posto in una Nazione del moderno mondo in perenne trasformazione verso aggregazioni moderne che nella complessità del contemporaneo cercano soluzioni sostenibili e digitali ed economia di scala che migliorino la vita di tutti. L’orologio dei tre municipi delle tre piccole città invece per decisione collettiva resta fermo al Novecento.
Il referendum sulla città unica segna uno dei momenti più bassi delle passioni civiche complessive dell’area urbana cosentina. Del corpo elettorale solo un cittadino ogni 4 ha esercitato il voto consultivo per decidere del proprio presente. Qualunque raffronto sulla partecipazione è negativo. Molto più bassa l’affluenza delle ultime comunali di Cosenza. Almeno un terzo in meno, con delta negativo anche a Rende e Castrolibero dove i votanti hanno avuto invece un sussulto dignitoso per la presenza di una classe politica cittadina che ha saputo esprimere con ogni mezzo necessario (compreso qualche scorrettezza) un’appartenenza identitaria che non vuole essere messa in discussione raggiungendo una partecipazione pari a quelle delle ultime elezioni Europee.

Due No netti a una fusione glaciale

A Rende e Castrolibero il No al progetto unionista è stato netto e schiacciante, e già questo dato mette una pietra tombale al progetto di fusione che più che fredda in quelle contrade si è mostrata glaciale. Non va certo meglio a Cosenza dove la vittoria molto risicata del Sì sembra veramente una vittoria di Pirro.
Il progetto è evidente che si interrompe non avendo raggiunto la partecipazione e i risultati di quello che è accaduto a Casali del Manco e soprattutto a Corigliano-Rossano che non solo è diventata la terza città della Calabria, ma ha trovato linfa e ragioni per far dispiegare nuove dialettiche economiche e sociali dalle sorti sicuramente più progressive del suo recente passato.
Hanno da festeggiare soprattutto Sandro Principe, politico di tutte le repubbliche e Orlandino Greco uomo per tutte le stagioni con i suoi personali colori camaleontici che portano al sicuro il loro civismo municipale da condividere con fedeli elettori che attribuiscono loro ancora una volta un ruolo di leader riconosciuti. Il senatore Mario Occhiuto con il suo impegno fin troppo leonino ha potuto constatare che il suo consenso personale è molto divisivo, considerato che il referendum per la città unica si è trasformato in un referendum contro un suo presunto progetto egemonico molto avversato da singoli cittadini e dai comitati che hanno voluto giocare una partita tutta politicista e che ora dovranno riprendere a tessere una tela dall’ordito complesso per poter creare la città policentrica che loro sostengono.

Una batosta per i partiti

Il referendum segna anche una pesante batosta ai partiti di ogni schieramento.
La politica di mestiere, soprattutto a Cosenza, riesce a raggiungere soltanto gli obiettivi personali di singoli esponenti nell’ambito di qualsiasi elezione, ma di fronte ad un quesito referendario che riguarda la vita delle persone, nella città organismo pulsante del quotidiano di tutti, la distanza tra persone e partiti diventa oceanica. E’ evidente che il progetto è stato affrettato, non comunicato, non condiviso, partorito male e allevato peggio.
Restano le tre piccole città con i loro singoli destini da “bastardo posto” per dirla alla Guccini; con le pietre, l’oro, il marmo, le catapecchie chiuse nei loro confini. Tre città con il centro storico solcato con il passo da Federico II e Carlo V oggi vuoto di funzioni e di idee, con quello di Rende bello come un presepe napoletano dove si spengono le luci e le vite di residenti anziani e con quello di Castrolibero che la stragrande maggioranza dei votanti non ha mai visto o frequentato. In tanta desolazione di tre città servite da una stazione ferroviaria fuori da ogni tratta e incapace di servirti un caffè e un ristoro resta almeno una città universitaria che è all’avanguardia in Italia e che potrebbe in questo vuoto pneumatico mettersi al servizio della sua comunità con le sue molteplici discipline a studiare e comprendere come meglio gestire i servizi su un’area urbana che geograficamente esiste e condivide solo problemi che diventano atavici senza volere trovare soluzioni comuni.

Condividere difendendo i confini

Il voto di domenica ci dice che le tre piccole città sanno di essere complementari e che devono ora dire come vogliono convivere difendendo i loro sacri confini. Il governo delle funzioni e delle relazioni della nettezza urbana, dei trasporti, di un’economia delle culture diventata sempre più paesana su quale nuovo patto va rifondata. A Rende il commissariamento per infiltrazione mafiosa, quando finirà, quale programma avrà per il miglioramento della qualità della vita? Perché Rende è stata commissariata per la presenza della mafia, elemento questo molto tabù della campagna referendaria secondo antico costume delle tre piccole città che rispetto al fenomeno non vedono, non ne parlano, non sentono. Parla soltanto la magistratura con arresti a volte ingiusti e con le sentenze. Magari a Rende eleggeranno di nuovo un altro sindaco che arriva da Cosenza, a Cosenza si vincerà un titolo di capitale del nulla e a Castrolibero si costruirà un altro quartiere residenziale con vecchi residenti bloccati in casa dalla partita di pallone che si gioca allo stadio Marulla.
E io sciocco a pensare che poteva ancora correre la fantasia tra la via Popilia e il West. Tre piccole città di un’unica area urbana. E quelle dei Casali a far corona. Posto bastardo. Ti voglio bene lo stesso. (redazione@corrierecal.it)

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