LAMEZIA TERME La “rivoluzione” dell’intelligenza artificiale nella lotta alla ‘ndrangheta. Soprattutto per cercare di stare al passo di una criminalità organizzata che già in passato ha dimostrato di comprendere e sfruttare in anticipo le novità tecnologiche. Dai criptofonini ai social media, dal dark web alle criptovalute: nelle recenti inchieste è emersa la capacità quasi camaleontica della malavita calabrese di nascondersi e trafficare grazie alle possibilità offerte dall’evoluzione tecnologica. Anche sfruttando i canali su app di messaggistica “insolite” e più difficili da intercettare. L’allarme sulle tecnologie in mano alla ‘ndrangheta è stato lanciato da diversi procuratori, spesso critici nei confronti di un’antimafia che resta ancorata ad atavici sistemi di controlli inadeguati alle nuove sfide tecnologiche. Situazione che potrebbe ulteriormente mutare con la “rivoluzione” dell’intelligenza artificiale, con procure e investigatori pronti a dotarsi di nuove attrezzature per contrastare quelle che la ‘ndrangheta starebbe già usando.
«C’è un cambiamento radicale nella criminalità organizzata che ha che fare con l’IA, internet, criptovalute: la ‘ndrangheta compra bitcoin o altre criptovalute, Cosa Nostra e soprattutto la ‘ ndrangheta usa già l’intelligenza artificiale». Della questione ne aveva già parlato lo scorso maggio al Festival dell’Economia il procuratore di Trento Sergio Raimondo, sottolineando i pericoli delle nuove tecnologie in mano alla criminalità, già dotata di «superesperti e attrezzature». Riciclaggio di denaro, traffici illeciti, anche vendita di droga e frodi: il cybercrime rischia di divenire un’arma illegale più remunerativa per le mafie e, soprattutto, più complicata da contrastare. Una realtà virtuale senza limiti o confini che ben si presta al processo di globalizzazione ‘ndranghetista ormai iniziato da decenni.
Allarme rilanciato una settimana fa anche dal procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo: «Le mafie e il terrorismo sono molto più avanti di noi nella transizione digitale e si servono delle nuove tecnologie per operare su scala globale e stabilire nuove partnership. La criminalità organizzata si avvale dell’intelligenza artificiale per ottimizzare attività illecite classiche come il riciclaggio ma anche per rendere impossibile tracciare i flussi finanziari». Non solo illeciti classici, spiega Melillo, il rischio è che la criminalità organizzata inizi ad utilizzare l’intelligenza artificiale per «intraprendere altre strade». «Mentre il crimine informatico ha comunque una sua radice fisica, nei server e nei protocolli Internet, l’IA, essendo potenzialmente del tutto indipendente dall’input umano pone interrogativi del tutto inediti».
Il timore degli inquirenti è che si possa sfruttare anche per “inquinare” prove e processi: «Penso ai deepfake e a come sia possibile falsificare dichiarazioni di testimoni, insinuare dubbi, influenzare l’opinione pubblica ed anche manipolare i mercati». Anche l’utilizzo delle armi potrebbe essere rivoluzionato dall’intelligenza artificiale, con droni e ordigni completamente autonomi e senza la necessità di un input umano. Potenzialità dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie, dunque, già ben note alla ‘ndrangheta, la mafia che, a detta degli investigatori, è quella con più disponibilità economica e, per sua caratteristica storica, sempre al passo con i tempi. Una sfida di cui, però, sono consapevoli anche le procure che iniziano a dotarsi di software e strumenti per l’analisi dei dati per prevenire la “potenza” cybercriminale della ‘ndrangheta. Un modo per invertire la rotta e, in ottica esplosione definitiva dell’intelligenza artificiale, anticipare le mosse della criminalità. (Ma.Ru.)
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