Per gli inquirenti della Dda di Brescia è un «soggetto formalmente organico alla ‘ndrangheta», con una dote altissima da “Santista”. Un titolo pesante nelle logiche di potere anche a Brescia e nel suo hinterland. Sarebbe stato quindi Stefano Terzo Tripodi (cl. ‘60) a “comandare” da quelle parti, «gestendo anche in prima persona le attività delittuose», annota il gip nell’ordinanza, impartendo quando necessario «direttive agli associati in merito alle azioni da compiere». Tripodi è uno degli arrestati nel blitz nato dall’inchiesta della Dda di Brescia ed eseguito dai Polizia, GdF e Carabinieri.
Come ricostruito nell’inchiesta, dunque, il ruolo del boss Tripodi era anche quello di rappresentare l’associazione anche all’esterno, sia nei rapporti di natura criminale con altre omologhe organizzazioni criminali come gli Oppedisano di Rosarno, i Longo-Versace di Polistena o i Mancuso di Limbadi, sia nella rete di relazione con imprenditori ed artigiani, professionisti, pubblici ufficiali, politici e amministratori locali. Un compito, dunque, di controllo egemonico delle attività sul territorio, ricorrendo all’occorrenza alle minacce e alla violenza. I rapporti di Tripodi ricostruiti dagli inquirenti della Dda di Brescia sono solidi anche un soggetto già noto alle cronache giudiziarie: Francesco Candiloro. Quest’ultimo, infatti, proprio la sera prima del nuovo ordine di arresto si è visto confermare l’ergastolo – insieme a Michelangelo Tripodi – dalla Corte d’Assise d’appello di Ancona per l’omicidio di ‘ndrangheta di Marcello Bruzzese. Per i giudici di secondo grado sono loro i sicari ripresi dalle telecamere di videosorveglianza del centro di Pesaro il 25 dicembre 2018, quando Bruzzese fu freddato sotto casa a colpi di pistola: una vendetta trasversale nei confronti del fratello Girolamo, collaboratore di giustizia dal 2003.
Nella nuova inchiesta bresciana, il boss Stefano Tripodi avrebbe messo a disposizione di Candiloro un’Alfa Giulietta “clonata” e quindi un doppione di un’altra auto regolarmente registrata «per ostacolare le Forze dell’Ordine negli accertamenti» annota il gip nell’ordinanza. L’Alfa, infatti, sarebbe stata utilizzata da Candiloro – su mandato della cosca Crea di Rizziconi – per «effettuare dei sopralluoghi a Canale d’Agordo (BL) finalizzati all’omicidio di Rodolfo Ferraro, ex componente o comunque contiguo ai Crea».
Stefano Terzo Tripodi, proprio perché riconosciuto quale «capo indiscusso del territorio», come annota il gip ancora nell’ordinanza, verrà informato da Candiloro della imminente partecipazione di quest’ultimo «all’esecuzione dell’omicidio di Marcello Bruzzese», fratello del collaboratore di giustizia effettivamente ucciso a Pesaro nel dicembre del 2018. Tripodi, dopo l’esecuzione dei fermi emessi dalle Procure di Ancona e Brescia, si sarebbe poi «attivato per distruggere elementi di prova compromettenti per sé stesso e il sodalizio da lui diretto».
Il peso di Stefano Tripodi nello scacchiere ‘ndrangheta era tale prestare anche il proprio aiuto a parenti di persone finite in carcere. Il riferimento in questo caso è ad un Gallone che, a seguito dell’arresto di due dei suoi fratelli ed un nipote nel corso della maxioperazione “Rinascita-Scott”, «si rivolge a Tripodi per necessità economiche e il boss, dopo aver verificato che si trattasse di persona affidabile e ricevendo – come riscontro positivo- la notizia degli arresti patiti dalla famiglia», avrebbe cercato di risolvere i relativi problemi economici «attraverso movimentazioni di denaro fondare su fatture per operazioni inesistenti». (g.curcio@corrierecal.it)
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