CATANZARO Legambiente esprime profonda preoccupazione per la proposta di legge presentata dal Partito Democratico calabrese in Consiglio regionale, che mira all’abrogazione dell’articolo 14 della legge regionale n. 36/2024. Questo articolo introduce finalmente il divieto di realizzare impianti di produzione energetica alimentati a biomasse nei parchi nazionali e regionali con una potenza superiore a 10 MW termici, prevedendo anche il depotenziamento degli impianti già esistenti. Una misura che, seppur giudicata da Legambiente ancora insufficiente, rappresenta un primo passo importante. L’associazione, infatti, ritiene necessario estendere tale divieto a tutto il territorio regionale, vietando la costruzione o il mantenimento in esercizio di centrali a biomasse che producono esclusivamente energia elettrica. I consiglieri regionali promotori della proposta di abrogazione sostengono che tale iniziativa serva a tutelare un settore strategico per l’economia e l’ambiente regionale, citando come esempio la centrale a biomasse del Mercure, definita un modello “virtuoso” di produzione energetica sostenibile. Una tesi che Legambiente reputa surreale e priva di fondamento. Legambiente auspica che la Regione Calabria non faccia passi indietro e prosegua nella promozione di fonti energetiche davvero sostenibili, contrastando scelte insostenibili come il mantenimento in esercizio delle grandi centrali a biomasse.
Legambiente ha sempre espresso un giudizio fortemente negativo sulla centrale del Mercure, sia per la sua collocazione all’interno di un Parco Nazionale e in un’area tutelata da normative comunitarie, sia per le sue dimensioni e il tipo di attività. Si tratta di un impianto da 35 MW, autorizzato durante il governo Renzi contro il parere dell’Ente Parco e in violazione di normative ambientali. La centrale utilizza legno vergine che non proviene da filiere corte locali né da foreste gestite in modo sostenibile o certificato, contravvenendo così ai principi della Strategia europea per le foreste 2030. Questa strategia punta a migliorare la qualità delle produzioni forestali, favorire l’efficienza delle filiere foresta-legno e promuovere un utilizzo sostenibile delle risorse forestali.
Un sistema come quello del Mercure, che produce esclusivamente energia elettrica, è incompatibile con i criteri di sostenibilità ambientale, economica e sociale. L’utilizzo intensivo e insostenibile della biomassa contraddice gli impegni internazionali sottoscritti dall’Italia per contrastare i cambiamenti climatici, conservare la biodiversità e promuovere la decarbonizzazione dell’economia.
La biomassa forestale può essere considerata una fonte rinnovabile e sostenibile solo se utilizzata in un modello che rispetti il principio a cascata delle risorse agroforestali. Questo significa: materie prime provenienti da filiere corte locali; utilizzo di scarti non destinabili a usi migliori; ritmi di sfruttamento inferiori al tasso di ricrescita dei boschi e delle foreste; rispettare criteri igienici e ambientali, nonché limiti alle emissioni in atmosfera. La realizzazione di impianti di grande taglia all’interno dei parchi nazionali e regionali, come il funzionamento di centrali esistenti quali quella del Mercure, contraddice palesemente questi principi e rende inevitabile la loro chiusura. Lo stesso destino dovrebbe riguardare tutte le grandi centrali a biomasse calabresi che producono esclusivamente energia elettrica.
Il PD calabrese dimostra una visione miope sul tema delle biomasse. Per un reale sviluppo sostenibile della regione, è fondamentale promuovere un modello basato sulle agroenergie (biomasse solide, biogas, ecc.) che rafforzi i settori agricolo, forestale e zootecnico in chiave ecologica, sociale ed economica. Ciò implica: un censimento accurato delle biomasse locali (agricole, forestali, agroindustriali, urbane); la definizione di criteri per la sostenibilità degli impianti; la localizzazione di impianti di piccola scala integrati con il territorio.
L’unica strada possibile per la Calabria è adottare i principi della bioeconomia circolare, che puntano alla produzione di cibo, biomateriali e bioenergia mantenendo il massimo valore delle risorse il più a lungo possibile. Ciò significa: utilizzo a cascata della biomassa; riciclo delle risorse; conservazione del capitale naturale; coinvolgimento delle comunità locali nella scelta e nella gestione degli impianti. Un modello di sviluppo eco-sostenibile, basato sulla decarbonizzazione e sulle energie rinnovabili, è l’unico capace di garantire occupazione di qualità senza compromettere l’ambiente.
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