NAPOLI La Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito stamattina un’ordinanza di custodia cautelare personale e reale, emessa dal gip di Napoli su richiesta della Dda partenopea, nei confronti di 53 persone, indagate a vario titolo per associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione di armi ed altro, ritenute affiliate al clan camorristico Amato-Pagano attivo nei comuni di Melito e Mugnano, in provincia di Napoli, e in parte nei quartieri Secondigliano e Scampia, zona nord del capoluogo campano. Il provvedimento trae origine dalle indagini svolte dal Centro operativo Dia di Napoli, coordinate dalla locale Dda, a carico di esponenti di vertice del clan Amato-Pagano, sodalizio criminale nato a seguito della sanguinosa “scissione” dallo storico clan Di Lauro, e per questo definito anche clan degli “scissionisti”.
Il clan Amato-Pagano «addestrava minori per le estorsioni», ha detto il procuratore di Napoli Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa convocata per illustrare i contenuti dell’inchiesta. «Le estorsioni – ha aggiunto Gratteri – venivano imposte anche agli imbianchini, che rappresenta come il clan Amato-Pagano volesse controllare il respiro dei cittadini». L’uso «sistematico e costante» di Tiktok e di Instagram da parte della camorra per «pubblicizzare» le proprie attività agli occhi dei giovani, come un’azienda. È un altro aspetto emerso dalle indagini sul clan camorristico Amato-Pagano. Su Tiktok e Instagram, ha spiegato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, gli affiliati al clan «sfoggiavano la loro ricchezza, l’utilizzo di orologi d’oro, di macchine di lusso, questo per mostrarsi come soggetti vincenti, per farsi pubblicità agli occhi di tutti questi disperati, di questa gente che pensa di entrare in un’organizzazione criminale per diventare ricca e potente, per farsi pubblicità. È un elemento nuovo perché in Italia la prima mafia che ha utilizzato i social per pubblicizzarsi è la camorra. I primi nel mondo sono stati i messicani, ma in Italia le mafie hanno lasciato Facebook, social network ormai usato dalla mezza età e dagli anziani, e sono passate su Tiktok perché si rivolgono ai giovani. Come le aziende utilizzano questo tipo di social, anche le mafie sono su Tiktok e Instagram».
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