LAMEZIA TERME «La Calabria è stata un laboratorio di poteri occulti e massonerie deviate che hanno condizionato molto la vita di questa regione». C’è un file rouge che collega gli anni della P2 di Licio Gelli alla «criminalità istituzionale» di oggi. Parte da questo presupposto la riflessione di Luigi De Magistris, ospite di Supplemento d’indagine, il format in onda su L’altro Corriere Tv il mercoledì sera alle 20:40. Un viaggio nella storia della repubblica italiana, fortemente «condizionata da bombe e stragi di cui, per alcune, non conosciamo ancora mandanti e autori». Da Portella della Ginestra agli attentati a Falcone e Borsellino, passando per il Caso Moro: l’ex magistrato ricorda gli eventi drammatici e su cui ancora, a distanza di anni, restano molti dubbi. Ospite di Danilo Monteleone per presentare il suo nuovo libro “Poteri Occulti, dalla P2 alla criminalità istituzionale”, l’ex sindaco di Napoli analizza anche la situazione politica di oggi, dal governo Meloni a una magistratura «sempre sotto attacco».
«Dal dopoguerra in poi c’è un condizionamento dei poteri occulti che a tratti assumono elementi eversivi condizionando la vita democratica della nostra Repubblica». Luigi De Magistris ripercorre la storia della prima repubblica, un’epoca segnata da bombe, stragi e scandali politici. «Non congetture o complottismi, ma una ricostruzione basata sui fatti» assicura l’ex magistrato, che arriva a delineare in modo scientifico anche quella che oggi è «la criminalità istituzionale, quel sistema criminale che non spara ma entra sempre più nell’economia e nelle istituzioni. Sicuramente la Calabria è stata un laboratorio in questo». Anche per via della “convivenza” con la ‘ndrangheta, «l’organizzazione criminale con la migliore strategia politica, con meno attentati ma molto addentrata negli apparati dello stato. Infatti, io non vengo fatto fuori militarmente, né dalla ‘ndrangheta tradizionale, ma da quelli che dovevano stare dalla parte dei buoni».
Parlando di poteri occulti, De Magistris ricorda alcune stragi del passato su cui ancora restano molti dubbi. Come Portella della Ginestra, Piazza Fontana o il caso Moro. «Penso agli americani che sbarcano in Sicilia e si alleano con la mafia o al sequestro di Aldo Moro che ferma il compromesso storico con Enrico Berlinguer». Ma anche le bombe di Capaci e di Via D’Amelio che «fermano l’ascesa di Andreotti che doveva fare il Presidente della Repubblica ma lui non era più un referente credibile perché non era riuscito a controllare l’esito del maxiprocesso». Per l’omicidio di Paolo Borsellino, insiste il magistrato, ci troviamo davanti a «uno dei più gravi depistaggi della storia d’Italia». «Falcone e Borsellino quando erano in vita il 70% dei magistrati ne parlava male, perché davano fastidio» continua De Magistris, alludendo in particolare alla trattativa Stato-Mafia. «Borsellino aveva capito che c’era una trattativa in corso, la cosa sconcertante è che dalla strage di Capaci lui non viene mai sentito dai magistrati di Caltanissetta».
Emblematico per il magistrato anche il caso di Ciro Cirillo, esponente della Democrazia Cristiana sequestrato dalle Brigate Rosse e liberato in seguito a una trattativa «tra Stato, Brigate Rosse, servizi segreti e camorra». «A differenza di quanto hanno fatto con Aldo Moro, perché in realtà lui non lo volevano salvare». Eventi drammatici che «cambiano il corso della storia d’Italia». «Io non sarei così convinto che un paese così condizionato da bombe e stragi sia saldamente democratico». Un’epoca, quella della Prima Repubblica, «su cui dobbiamo investigare non solo dal punto di vista giudiziario, altrimenti noi siamo con fondamenta di sabbia mobili». Tuttavia, a quei politici «che facevano le peggiori nefandezze» riconosce «un senso dello Stato e delle istituzioni forte che oggi non c’è».
Spostandosi a tempi più recenti, De Magistris affronta anche il tema di una magistratura che «non ha l’autorevolezza, la credibilità e la forza che aveva prima. Oggi si ha la sensazione di una magistratura che, stando sempre sotto attacco, è ferita e piegata. Con le riforme è diventata più burocratica e conformista, però anche una magistratura che non ha avuto la forza e la volontà di ripulirsi da alcune cose che non vanno bene». De Magistris cita la correntocrazia e il caso Palamara, esempi di «ferite che doveva sanare meglio». Critico anche sul governo Meloni, che, secondo l’ex sindaco di Napoli, ha in mente «il disegno piduista di una magistratura sotto controllo e di una giustizia di classe. A loro non è che dà fastidio la magistratura, a loro danno fastidio i magistrati che non hanno etichetta». Se da una parte li accusa di «panpenalismo, cioè creare un reato per ogni problema» dall’altra «tolgono l’abuso di potere e le intercettazioni, vogliono l’impunità di potere». In questo modo «finisce l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge». Anche la separazione delle carriere «è il passo definitivo per poi controllare il Pubblico Ministero, perché il pm diventerebbe un organo potentissimo e isolato dalla giurisdizione».
Da un punto di vista politico, il governo sembra però ben saldo. «L’opposizione deve recuperare la credibilità persa. Oggi sentiamo temi condivisibili come diritti civili e salario minimo, ma sono le stesse persone che al governo in passato non le hanno attuate. Il governo Meloni ha una serie di ministri imbarazzanti, ma lei regge e ha ancora un impatto popolare. Però sono fiducioso su due aspetti: l’opposizione sociale, la vivacità dei giovani e una ripresa di lotte dal basso e di alternative dal basso». De Magistris non esclude una ricandidatura a sindaco di Napoli, perché «sto vedendo la mia città ricadere in vizi pericolosi e il pensiero c’è». Sulle Regionali in Campania “rimprovera” Conte e Schlein di pensare di poter scegliere i candidati «nelle stanze romane». «Ci saranno il centrosinistra, il centrodestra e il terzo polo di De Luca. Può vincere chiunque, anche perché il centrodestra non ha candidati forti».
Da ex candidato alla Regione in Calabria, De Magistris commenta anche lo stato attuale della politica calabrese. «Io sono legatissimo a questa terra e cercherò di dare il mio contributo. Non mi pare che il centrosinistra stia avanzando nella costruzione di un’alternativa. In Consiglio la migliore opposizione la fa Laghi, la Bruno defilata e i Cinque stelle evaporati. Hanno perso un’occasione perché potevano sostenere noi. Ad oggi non vedo un’alternativa ad Occhiuto, che potrebbe avere anche più vita facile di quanto qualcuno possa pensare». (redazione@corrierecal.it)
Foto in copertina © “IMAGOECONOMICA”
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