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«Una provincia il cui capoluogo è senza tribunale è un segno di imbarbarimento civile»

L’appello della Camera penale di Cosenza alla presidente Rosaria Succurro: «Basta nomadismo giudiziario». La richiesta di un incontro

Pubblicato il: 21/12/2024 – 16:59
«Una provincia il cui capoluogo è senza tribunale è un segno di imbarbarimento civile»

COSENZA «Cosenza è capoluogo della ottava provincia italiana per estensione ma è anche l’unica provincia il cui tribunale  del capoluogo è stato dichiarato, con una nota dell’ufficio di presidenza dello stesso tribunale, privo di aule protette»: inizia così la lettera-sfogo indirizzata dal Consiglio direttivo della Camera penale di Cosenza “Fausto Gullo” alla presidente della Provincia, Rosaria Succurro. Temi per gran parte esposti anche ieri dal presidente Roberto Le Pera in apertura della seduta del consiglio comunale.

L’anomalia delle aule protette

 «Le conseguenze – argomentano i penalisti bruzi – sono socialmente catastrofiche. Nel capoluogo della provincia da Lei rappresentata non possono celebrarsi processi per cui sono richieste le aule protette. In pratica, nel Palazzo di giustizia del capoluogo di provincia di cui Lei è la Presidente non può essere esercitata giurisdizione per i cosiddetti maxiprocessi, la cui sede naturale è, proprio, il Palazzo di Giustizia di Cosenza. Basti pensare che il processo Reset si sta celebrando fuori città, nell’aula bunker di Castrovillari».
Secondo la Camera penale di Cosenza «il fatto è, a dir poco, anomalo poiché, per un verso, si dichiara l’assenza di aule protette, ma, per altro verso, nello stesso Palazzo di giustizia di Cosenza continuano a celebrarsi processi, sempre caratterizzati da imputazioni di natura associativa di stampo mafioso e comunque riguardanti contestazioni di competenza della Procura antimafia. Ma, soprattutto, abbiamo preso atto e continuiamo a constatare che gli imponenti lavori in corso, da mesi, presso il palazzo di giustizia di Cosenza, del valore indicato nelle pubbliche affissioni di oltre un milione e cinquecentomila euro,  ne stanno interessando importanti parti strutturali ma, almeno allo stato, non riguardano le aule di udienza e l’adeguamento delle stesse affinché siano dichiarate “protette”. Questacircostanza, se confermata, ossia se dette opere non riguarderanno anche gli adeguamenti finalizzati a celebrare i maxiprocessi nelle aule, dimostrerebbe che non sussiste alcuna necessità di rendere “protette” le aule di giustizia; diversamente ragionando, infatti, ci chiediamo per quale ragione sia stato impiegato tanto denaro pubblico per opere diverse da quelle tese a garantire che la giustizia, riguardo ai maxiprocessi, sia amministrata nella sua sede naturale».

Il nomadismo giudiziario

«La provincia di Cosenza è l’unica in ambito nazionale il cui capoluogo è privo di un Palazzo di giustizia in cui esercitare pienamente giurisdizione. È l’unica provincia nel cui capoluogo i cittadini non possono ottenere risposta alla domanda di giustizia se non migrando in sedi territorialmente diverse dal palazzo di giustizia cittadino. Una provincia nel cui capoluogo non può esercitarsi piena giurisdizione – e per cui si assiste al nomadismo giudiziario senza precedenti, come di seguito evidenziato – è il declino culturale e sociale dell’intera provincia; è la mortificazione di un intero territorio. Il primo pensiero è rivolto a chi sta subendo i relativi effetti: tutte le parti e gli operatori della giustizia – imputati e parti civili, cancellieri, magistrati e avvocati – nei processi penali di competenza del Tribunale di Cosenza, in cui è richiesto il requisito delle “aule protette”, sono umiliati dalla sottoposizione a un nomadismo che non ha precedenti nella storia giudiziaria italiana: dapprima, trasferiti da Cosenza verso l’aula bunker di Lamezia Terme e, dopo l’inabissamento di quest’ultima, verso l’aula bunker di Castrovillari, in una sorta di questua giudiziaria di sedi “dell’ultima ora” pur di celebrarvi le udienze».

La richiesta di un incontro

«Ma – si legge ancora nella lettera – di questa barbarie sociale sta soffrendo l’intera provincia da lei rappresentata, il cui capoluogo è privo dell’epicentro di legalità. Un capoluogo di provincia privo di un Palazzo di giustizia in cui esercitare pienamente la giurisdizione è segno di inarrestabile declino culturale, sociale e democratico. Ecco il senso del nostro rivolgerci, alla rappresentante della Provincia di Cosenza. (…) Le chiediamo di essere ricevuti, in ambito istituzionale, sin da lunedì 23 dicembre, per formalizzare le nostre istanze, per chiederLe di stare al nostro fianco e sostenerci concretamente, nell’ambito delle sue alte prerogative, in questa battaglia democratica dei diritti e sui diritti che riguarda l’intera provincia di Cosenza, perché ne sta mortificando il capoluogo. Un capoluogo di provincia che non ha un Palazzo di giustizia in cui poter esercitare piena e completa giurisdizione è al di fuori del nostro Stato di diritto» concludono i penalisti cosentini.

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