COSENZA Bisogna dirlo, i sei mesi di Giuseppe Ursino da direttore generale del Cosenza calcio, non rimarranno impressi nella memoria a lungo termine dei tifosi rossoblù. Eppure il suo arrivo il riva al Crati era stato accolto con un clamore mai visto prima per un dirigente. Tranquillizzavano ed entusiasmavano la sua riconosciuta autorevolezza, l’esperienza e, soprattutto, un passato vincente in quel di Crotone che aveva sorpreso l’intera Penisola. La sua sola presenza in sala stampa il 14 giugno, giorno in cui era stato presentato insieme al nuovo direttore sportivo Gennaro Delvecchio, aveva cancellato in un colpo solo i malumori della piazza per l’ennesima e forse ingiustificata rivoluzione tecnica del club che, se da una parte, proprio quella mattina, annunciava, attraverso la voce del patron Eugenio Guarascio, l’epocale quanto illusorio riscatto di Gennaro Tutino dal Parma, dall’altro abbandonava un progetto che con Roberto Gemmi e William Viali sembrava aver iniziato a convincere anche i più scettici. «Siamo in presenza del dg Ursino – aveva detto Guarascio – di lui sono “innamorato” da circa tre anni». Parole confermate dal diretto interessato, con un’aggiunta: «ringrazio il presidente che da tre anni mi insegue. Mi è venuto anche a trovare a casa, ero stanco e volevo riposare. Quest’anno è partito il solito pressing e ho deciso di venire con entusiasmo».
Ursino si era spinto persino a rivelare di essere approdato al Cosenza con un sogno «che non dirò mai. La piazza è preparata a risultati importanti». E ancora: «Il presidente, se ha puntato su di noi, vuol dire che ha un progetto importante in testa. Gennaro avrà un ruolo da campo, io coordinerò quello che mi dirà lui con quello che mi dirà Guarascio. Rappresenterò anche l’immagine della società». Tutto questo, però, con un contratto di un solo anno che strideva un po’ con quel progetto importante da raggiungere. «L’ho detto io al presidente – aveva chiarito Ursino – non sono un ragazzino, nella vita può succedere di tutto». Da allora è accaduto davvero di tutto, e quel tutto è andato storto.
E quindi eccoci qui, a sei mesi di distanza da quelle parole ben confezionate e da quegli applausi esagerati. Alla vigilia di Natale, l’esperto dirigente ha deciso di mollare Guarascio e il suo Cosenza. Lo ha fatto nel momento più difficile della squadra e dell’imprenditore lametino che, proprio da quel 14 giugno, sembra avere avviato una fase di declino inarrestabile, probabilmente non compresa a fondo. Ursino ha giustificato il suo addio con il sopraggiungere di problemi di salute che non gli consentono di seguire le vicende della squadra. Una decisione da rispettare, accolta a malincuore da Guarascio ma che, probabilmente, trova le sue radici proprio nel punto di partenza, in quel corteggiamento evidentemente ossessionante, fuori luogo e tempo massimo a cui l’ex ds pitagorico non era più riuscito a sottrarsi.
Ursino, giunto in rossoblù per essere l’uomo immagine (parole sue) della società, non è mai intervenuto pubblicamente in nessuna delle numerose vicende che hanno colpito, materialmente e mediaticamente, il Cosenza calcio: dai casi Tutino e Marras, alla mancata iscrizione della squadra femminile al campionato di serie C, dal deferimento della Figc a cui è seguita la penalizzazione di 4 punti in classifica, alle vicende steward in rivolta perché non retribuiti e stadio San Vito-Marulla abbandonato. Fino alla recente figuraccia sul caro-biglietti (poi rientrato) del derby del prossimo 26 dicembre. Un derby che i ragazzi in crisi di gioco e risultati di Massimiliano Alvini affronteranno in un clima sommesso, tra voci di fondi “arabo-cosentini” (che vengono dopo quelle di una trattativa tra Guarascio e Raffaele Vrenna) pronti a rilevare il club, debiti, mercato di riparazione senza grosse prospettive e un ultimo posto in classifica da cui sarà difficile rialzarsi.
Il dirigente di Roccella Jonica nella sua parentesi bruzia ha subito passivamente le scelte discutibili del capo che lo amava da tre anni e il conseguente crollo del castello che era stato chiamato ad abitare. Se abbia messo in pratica questa strategia per stanchezza, problemi di salute, convenienza o perché, come qualcuno ha detto, in carriera si è sempre occupato più di spogliatoi che di rapporti con l’esterno, forse non lo sapremo mai. Di certo, in attesa di vedere i rumors degli ultimi giorni trasformarsi in qualcosa di concreto oppure no, il suo abbandono della nave a poche ore dalla Gloria bruzia (che, per chi non lo sapesse, arriva alle 21 del 24 dicembre) e dalla partita più importante dell’anno, al di là dei problemi di salute dichiarati, sa di atto coraggioso e saggio, seppure giunto solo alla fine. Un atto che fa discutere, accende nuovi scenari, dietrologie, chiacchiere da bar e infiacchisce ulteriormente il Natale del calcio cosentino. E allora non resta altro da fare che dire e dirsi auguri. (f.veltri@corrierecal.it)
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