COSENZA Eccolo il Natale, finalmente. Nello sguardo grato di questo ragazzo di vent’anni che stanotte non dormirà da solo al freddo in un capannone dismesso, ma su un letto vero, al caldo e in compagnia. Nel volto barbuto di Ernesto, che riguarda il video di lui che canta Baglioni e ripercorre quei momenti di trascurabile felicità e le parole del testo sono la storia della sua vita, però senza lieto fine.
Eccolo finalmente lo spirito del Natale, è il sorriso malinconico di una mamma che oggi porta a casa le ciambelle al cioccolato e sarà questo il regalo sotto l’albero, che non c’è però va bene lo stesso. «A me mi piacciono le ciambelle al cioccolato», Lorena le tiene stretta la mano, «ho cinque anni» dice contando le dita sulla manina, con il buon umore di chi è ignaro di come dovrebbero andare le cose. Eccolo il Natale, intorno a questo albero e a questa tavola allargata. Mentre lì fuori i clacson, gli automobilisti infuriati, gli ultimi regali, i gamberoni e l’agnello, le tovaglie stirate, i finti sorrisi e le case che traboccano di cibo e di addobbi. Nel silenzio ovattato di un soggiorno che sembra quello di una casa qualunque e invece contiene mondi diversi: le suore arrivate dall’altra parte dell’oceano, i ragazzini nordafricani sbarcati mezzi morti sulle coste calabresi, gli uomini e le donne che hanno perso la famiglia o il lavoro e sono finiti a vivere per strada, le volontarie del servizio civile. Gli ospiti hanno vissuti complicati, marginali, borderline, eppure qui c’è aria di famiglia, ci sono sorrisi autentici e una pentola sul fuoco che tiene tutto insieme. A giocare a briscola, a riparare una chitarra, a cucinare un profumatissimo risotto con la zucca, a raccontarsi sottovoce come vecchi amici. Il Natale è qui, nella mensa dei poveri dell’associazione Casa Nostra, l’organizzazione di volontariato in via Cafarone, nella pancia del centro storico di Cosenza.
Ogni giorno vengono serviti dai 30 ai 100 pasti caldi grazie anche a una grande rete di volontari e al sostegno di imprenditori e di privati che garantiscono scorte di cibo. Casa Nostra non è solo la mensa, ci sono tredici posti letto a disposizione di chi non ha una casa e in questo momento sono tutti occupati. Grazie a questi alloggi tre giovani senza fissa dimora possono scontare la loro pena agli arresti domiciliari, sono ragazzi che aiutano nell’organizzazione della mensa e nella gestione delle derrate alimentari. Come Marco (nome di fantasia), nato in Brasile cresciuto in Puglia e ora calabrese d’adozione, che si dà da fare in cucina supportando Antonella, una delle cuoche che si avvicendano ai fornelli. Ha una storia difficile che cerca di buttarsi alle spalle ma una condanna che deve ancora finire di scontare. In ogni caso oggi è un giorno felice, perché i suoi genitori sono venuti a trovarlo, hanno affrontato ore di pioggia incessante sull’autostrada pur di riabbracciarlo.
«Il nostro obiettivo è portare conforto e calore a chi ne ha più bisogno – dice Pino Salerno, presidente di Casa Nostra – e regalare un Natale più sereno a chi attraversa momenti di difficoltà».
«L’atmosfera qui è quella di una famiglia, alla fine volontari e ospiti sono una cosa sola. Condividiamo tutto: gioie e dolori» aggiunge Maria Ilaria Sottile, assistente sociale dell’associazione. «Durante le feste la solitudine diventa più pesante da sopportare per chi non ha una famiglia e una casa, noi siamo qui e viviamo assieme momenti di spensieratezza e serenità. Molti dei nostri ospiti non hanno una casa, non hanno familiari, vivono una quotidianità difficile e anche trascorrere qualche ora in compagnia li aiuta a pensare che anche per loro c’è un posto al caldo, c’è qualcuno che li aspetta».
Sul muro della cucina ci sono le prenotazioni dei posti a tavola e i menù. Il 25 dicembre sono in trenta, menu top secret perché sono i volontari di una parrocchia ad occuparsene. Nella sala mensa una lunga tavola è occupata da frutta, dolci e pizze donate, come avviene tutte le settimane, da una rosticceria, un bar e una nota catena di supermercati della città. Chi vuole, prende e porta a casa.
A disposizione delle famiglie e delle persone in difficoltà c’è anche l’emporio solidale dove – proprio come in un mini market – si può fare la spesa mettendo nel carrello tutto ciò che serve. Sugli scaffali al posto del costo in euro è indicato il valore della merce espresso in punti, in maniera da poter utilizzare la tessera che viene assegnata a chi ne fa richiesta. L’associazione può contare poi sul determinante contributo delle suore francescane dell’ordine delle missionarie volontarie dei poveri, che si occupano di tutto, dall’organizzazione dei tavoli ai corsi di chitarra. Suor Laura è una psicologa e due volte a settimana esce con l’Unità di strada per distribuire coperte e pasti caldi ai senzatetto. Adesso, con le temperature che crollano, scatta l’emergenza.
Lì fuori, al freddo, ci sono molte più persone di quanto si creda e rischiano di morire di freddo. Come Ahmed, che ha la faccia da bambino nonostante i suoi 22 anni. Algerino, senza permesso di soggiorno e una sorella che vive in un’altra regione. Per lui c’è sempre un piatto caldo qui alla mensa, ma purtroppo i posti letto sono tutti occupati. «Dormo nel capannone di fronte a viale Mancini – dice – fa tanto freddo di notte io non riesco a dormire. Dormo un poco, poi mi sveglio, poi dormo un poco. Ho pure paura, mi hanno anche tirato un calcio mentre dormivo».
Fuori grandina, si prevede che le temperature scenderanno ancora, Ahmed s’infila il suo giubbotto, si alza il cappuccio sulla testa, si prepara ad andare. Le suore e le volontarie si consultano, cercano una soluzione. Alla fine la trovano.
«Ahmed, stanotte resterai a dormire qui – gli dice Maria Ilaria – metteremo un lettino in più, forse è un po’ stretto ma almeno starai al caldo. Sei contento?».
Quanto sia contento non riesce a dirlo e forse le parole giuste neanche le conosce in italiano, ringrazia con le mani giunte, poi si copre il viso come chi è incredulo di fronte a una notizia inaspettata. Ecco, adesso è Natale. (redazione@corrierecal.it)
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