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Omicidio Bergamini, il «dolo eventuale» di Internò in un contesto «sordo all’emancipazione femminile»

Il calciatore avrebbe pagato con la morte, il rifiuto di sposare l’ex fidanzata e l’interruzione volontaria di gravidanza

Pubblicato il: 29/12/2024 – 7:01
di Fabio Benincasa
Omicidio Bergamini, il «dolo eventuale» di Internò in un contesto «sordo all’emancipazione femminile»

COSENZA C’è un preciso episodio che la Corte d’Assise di Cosenza tratteggia come cardine nel presunto progetto criminoso che ha portato alla morte di Donato Denis Bergamini: calciatore del Cosenza Calcio ucciso nel 1989. Per il delitto è stata condannata a 16 anni l’ex fidanzata Isabella Internò.
Nelle motivazioni della sentenza, la Corte rileva come «l’incontro tra Isabella Internò e l’amica Tiziana Rota, avvenuto il 6 novembre 1989 a Rende, segni il momento nel quale l’imputata manifestava di aver maturato il proposito criminoso». «E’ un uomo morto […] Se non torna con me lo faccio ammazzare; piuttosto che sia di un’altra preferisco che muoia”»
Per i giudici, in quel preciso istante la donna avrebbe palesato il suo intento e la consapevolezza dello «stato d’animo dei congiunti rispetto alla fine della sua relazione con Denis (…) e alla presa di coscienza da parte di costoro della interruzione volontaria di gravidanza dovuta al rifiuto del matrimonio». Questo passaggio segna uno spartiacque nella vita della coppia, spezzata dalla morte del calciatore di Argenta. «Da quel momento, l’intento vendicativo e ritorsivo, verso colui che aveva deciso definitivamente di lasciarla, da strettamente personale, viene palesato ai correi, e resta invariato sino alla realizzazione dell’evento premeditato ed alla precostituzione dell’alibi di quel sabato pomeriggio».

Il “gioco” psicologico

Gli inglesi lo definirebbero un “mind game“, un gioco mentale per incastrare la vittima e piegarla al proprio volere. Ma qualcosa è evidentemente andato storto. Nell’omicidio di Denis, Internò avrebbe «rivestito il ruolo preminente dell’adescatrice, colei che ha condotto la vittima alla resa dei conti con i congiunti». Nella circostanza, la Corte non parla di dolo diretto ma si rifà alla sua forma eventuale. «In altre parole, piuttosto che volere direttamente la morte del suo ex fidanzato, come conseguenza diretta della sua condotta, ella ha voluto condurlo ad un regolamento di conti con i cugini esecutori materiali, per tentare il tentabile, ossia per piegarne la volontà ed indurlo a restare con lei, forse a sposarla, forse perché di nuovo incinta (il che spiegherebbe il fatto che Denis portasse con sé il biglietto con l’indirizzo della legham clinic)».

«Il morboso desiderio di possesso della vittima»

Non solo i momenti precedenti l’agguato mortale, ma anche i comportamenti successivi al delitto rappresentano per la Corte d’Assise di Cosenza elementi utili a determinare la colpevolezza di Isabella Internò. La sua presenza sul luogo è «finalizzata a fornire una falsa versione dei fatti, tesa ad accreditare l’ipotesi di un improbabile suicidio, per scongiurare ogni possibile sospetto di una diversa azione delittuosa mostra appieno l’estrema determinazione del tentativo di sottrarsi all’intervento delle forze dell’ordine ed all’accertamento dei fatti, volutamente travisati». E dopo la morte del calciatore, ripete «costantemente la propria innocenza con la pretesa di essere creduta dalle persone vicine alla vittima».
Nelle motivazioni, i giudici la dipingono come una donna «risoluta, non rinunziataria ed animata dal morboso desiderio di possesso della vittima, che in precedenza aveva pagato il prezzo del rifiuto del matrimonio, con un’interruzione di gravidanza molto avanzata (illecita!), con l’uccisione di un feto ormai formato. E poi per salvare l’onore di ragazza per bene che non può far nascere e crescere un figlio fuori dal matrimonio».

Il contesto «sordo all’emancipazione femminile»

Nel ricostruire la personalità di Isabella Internò e nel tratteggiare i contorni del contesto all’interno del quale è maturato il delitto Bergamini, la Corte è dura quando sottolinea la presenza di un «territorio sordo all’emancipazione femminile all’indomani dell’abrogazione del delitto di onore», concetti come “rifiuto” e “interruzione di gravidanza” suonano quasi come un affronto all’integrità e alla dignità di una famiglia. Ecco perché la donna avrebbe tenuto all’oscuro di tutto suo padre, «ignaro perfino della rottura della relazione con la vittima». Isabella Internò sarebbe stata pienamente consapevole del «modo di pensare, della mentalità dei cugini, evidentemente pronti a compiere qualsiasi gesto a tutela dell’onore». Se da una parte, dunque, «gli esecutori materiali sono stati certamente animati da un dolo diretto rafforzato dalla premeditazione», la «circostanza aggravante può bene estendersi anche all’imputata, perché il dolo eventuale è compatibile con la premeditazione».

«Con me o con nessuno»

A quel punto il destino di Denis Bergamini è segnato. Il rifiuto è per i giudici un fattore scatenante dell’azione delittuosa «diretta conseguenza di una fredda pianificazione e di un atteggiamento volitivo scaturente da una volontà punitiva nei confronti del ragazzo, da cui l’imputata non accettava il distacco, considerandolo res di sua proprietà». Il biondo centrocampista del Cosenza Calcio trova la morte per quel “no”, che come canta Enzo Avitabile – in uno dei suoi più celebri brani – «non è solo una parola, è silenzio che si rompe ed una catena che si scioglie». (f.benincasa@corrierecal.it)

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