VIBO VALENTIA Gaetano Emanuele ha deciso di costituirsi. Dopo una latitanza durata 6 mesi e mezzo (dal 21 giugno 2024), l’uomo, classe 1975, considerato il “reggente” della cosca in virtù del ruolo di luogotenente in assenza del fratello Bruno, vero capo della cosca di ‘ndrangheta omonima, si è recato dai Carabinieri della Stazione di Soriano, nel Vibonese.
Gaetano Emanuele, infatti, era stato raggiunto da un ordine di carcerazione firmato dal gip del Tribunale di Vibo Valentia, in seguito al blitz “Habanero” della Distrettuale antimafia di Catanzaro. Al momento della notifica dell’arresto, però, casa Emanuele non c’era, facendo perdere le sue tracce per sei mesi esatti.
Nel confronti di Gaetano Emanuele era stata annullata la misura di custodia cautelare all’esito del lungo tira e molla tra accusa, difesa e giudici. Disposto il suo trasferimento a Barcellona Pozzo di Gotto per svolgere attività in una casa-lavoro per un anno perché aveva eluso la libertà vigilata alla quale era sottoposto dopo la condanna definitiva a 16 anni e 11 mesi nel processo “Luce nei Boschi”.
Gaetano Emanuele – assistito dagli avvocati Giuseppe Di Renzo e Alessandro Diddi – è sottoposto a indagini per gli omicidi di Francesco Gallace, Giovanni Gallace e Stefano Barillaro e per il tentato omicidio di Ilario Antonio Chiera, reati commessi il 25 ottobre del 2003, utilizzando dei fucili da caccia calibro 12 a pallettoni esplosi verso l’autovettura e dopo, quando questa si è fermata, gli autori si sono avvicinati e hanno sparato frontalmente. Una dinamica ricostruita attraverso gli accertamenti effettuati nell’immediatezza e dalle dichiarazioni rese da Ilario Antonio Chiera, sopravvissuto all’agguato che ha chiamato i soccorsi e ha descritto uno degli autori del reato mentre nel corso del tempo hanno reso dichiarazioni numerosi collaboratori di giustizia: Francesco Loielo, Rocco Oppedisano, Michele Ganino, Enzo Taverniti, Bartolomeo Arena, Luciano Oliva e Antonio Forastefano. Proprio quest’ultimo, in particolare, aveva dichiarato di avere appreso da Angelo Maiolo – mentre era latitante – che all’omicidio aveva partecipato come esecutore materiale anche Gaetano Emanuele.
Nel corso dell’ultima udienza, i giudici del Tribunale di Catanzaro hanno pienamente accolto la tesi della Cassazione secondo cui, diversamente da quanto ritenuto dal giudice del Riesame, non si può ritenere che le dichiarazioni rese da Forastefano «siano equiparabili a quelle dirette perché costituite da confidenze autoaccusatorie ricevute direttamente dall’autore materiale del fatto». Si tratta di una informazione corretta «solo in ordine a quanto narrato da Angelo Maiolo in merito alla propria responsabilità, che ha in tal modo “confessato” al collaboratore, ma non può essere esteso alla posizione di Gaetano Emanuele». Prese in esame anche le considerazioni dell’altro pentito, Oppedisano. Secondo la Cassazione, «il collaboratore in ordine alla credibilità intrinseca del quale la motivazione del provvedimento impugnato è inesistente, ha riferito di un discorso avvenuto, peraltro in termini generici, circa un anno prima che venissero commessi gli omicidi». (g.curcio@corrierecal.it)
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