COSENZA Due suicidi nel carcere di Paola, droga e cellulari nascosti nelle celle dell’istituto penitenziario di Corigliano Rossano. In meno di 48 ore, in Calabria, le segnalazioni dei sindacati Sappe e Uilpa riaccendono i riflettori – qualora ve ne fosse un bisogno – sulla situazione di emergenza dovuta, da una parte, ai vuoti dell’organico in servizio nella polizia penitenziaria e dall’altra dal sovraffollamento. Due nodi che restano irrisolti, non solo alle nostre latitudini. Il Corriere della Calabria ha raccolto lo sfogo di Gennarino De Fazio, segretario Uilpa Polizia Penitenziaria.
«Non è bastato l’appello del Papa durante l’apertura della Porta Santa, ma neanche il più laico richiamo del Capo dello Stato nel messaggio di fine anno. Le carceri sono di fatto abbandonate: ci sono 16mila detenuti in più oltre i posti disponibili, mentre negli organici dalla Polizia Penitenziaria mancano almeno 18 mila unità», precisa De Fazio. «A parte i due suicidi di Paola – aggiunge ai nostri microfoni – sono già sei i suicidi nelle carceri nel corso dei primi 8 giorni dell’anno, 5 detenuti e un operatore. Un detenuto si è suicidato ieri sera (8 gennaio 2025, ndr) nel carcere romano di Regina Coeli».
E’ stato il Sappe, invece, a denunciare quanto avvenuto nel corso di una operazione portata a termine dal personale della polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Corigliano Rossano. Sarebbe stato intercettato lo spaccio di droga portato avanti da alcuni detenuti e rinvenuti alcuni dispositivi telefonici. Sul punto, De Fazio concorda con i colleghi di sindacato e attacca: «le carceri sono anche piazze di spaccio e teatro di malaffare, lo spaccio di sostanze stupefacenti o anche di semplici telefonini all’interno delle prigioni può fruttare il triplo rispetto a quanto frutterebbe fuori, quindi è interesse anche della criminalità organizzata smerciare sostanze e oggetti non consentiti». L’esercizio del controllo da attività di routine diventa una mission (quasi) impossibile. «La polizia penitenziaria fa quello che può, si mira più che altro alla sopravvivenza e come vediamo non sempre ci si riesce. E’ difficile operare in queste condizioni. La Polizia Penitenziaria è sottoposta a carichi di lavoro e turnazioni massacranti che superano spesso le 12 ore continue». La speranza è che gli ennesimi, disperati, appelli non restino senza risposte. (f.benincasa@corrierecal.it)
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