Era da tempo che dovevo fargli visita. Le immagini di un piccolo canyon nei pressi di una frazione collinare di Reggio Calabria pubblicate sul web erano inviti, sempre più espliciti e pressanti. Da sempre sono convinto che anche le coste della Calabria – pur così martoriate – e le aree poste nei loro immediati entroterra riservano molte sorprese di natura e cultura. Per questo dedicai loro un apposito libro, ormai introvabile, nel lontano 2002: “Calabria, mari coste e fondali”. Ma il desiderio di lunghe erranze a piedi nelle solitudini montane ha ritardato l’incontro. Poi, la necessità di non forzare le mie condizioni fisiche, l’urgenza di valutare l’inserimento del canyon in una pubblicazione, il meteo, che si prevede nero su tutta la Calabria tranne che per una finestra proprio in quella zona, mi offrono l’occasione che attendevo.
Dopo un centinaio di km di viaggio sotto una buia coltre di nubi e sotto la pioggia, solo sulla fascia costiera a sud-est di Reggio splende il sole. Attraversiamo il caos urbanistico della prima città della Calabria, ricordando le descrizioni dei viaggiatori stranieri che passavano di lì. “Questo tratto della costa ionica calabrese è certamente il più africano d’Italia, quello in cui l’aria selvaggia è la più decisa e pungente. Greti sabbiosi dove fioriscono gli asfodeli, campi di narcisi dal cuore giallo e di grandi anemoni di velluto viola; alvei di fiumi lunghi parecchi chilometri e fitti di oleandri, che in estate sono come un’immensa vampata; anche d’inverno vi serpeggia un filo d’acqua giallastra, salvo nei giorni di maltempo quando cade una pioggia torrenziale che sradica i cespugli e travolge i ponti come fuscelli trascinandoli verso lo Jonio in tempesta. E, come se non bastasse, montagne corrose, rocce aride e caotiche; un paese di frane e di catastrofi, dove gli dei degli inferi dovevano ossessionare l’immaginazione degli abitanti e dove si comprende la ragione dei templi innalzati da Locri alla temibile Persefone” scriveva la letterata francese Hélène Tuzet nel 1928.
La meta è Armo, una frazione collinare della città, il cui nome rivela l’importanza che i luoghi di culto nelle grotte ebbero per tutta la zona (“armon” in greco significa esattamente grotta). Armo è nota, infatti, per la Grotta di Sant’Arsenio, un eremita italo-greco del secolo IX. Ad Armo vi è anche una cooperativa, che porta il nome del santo e che tratta prodotti della tradizione locale oltre e si adopera per vitalizzare la vita culturale del luogo.
Lasciamo l’auto e, in breve, grazie alle informazioni avute dagli amici reggini, scendiamo in un affluente secco in sinistra idrografica di una piccola fiumara, la Luppari, che sparge e trasporta il suo greto di sabbia in mezzo a due ripidi pendici eternamente smottanti. In un primo momento, interpretando male le informazioni ricevute, risaliamo il corso dell’affluente. Ma ben presto ci rendiamo conto dell’errore e procediamo all’inverso, in discesa. Ci ritroviamo così, proprio sotto i piedi, la cavità superiore del canyon, da cui però è impossibile accedere se non muniti di corde. Aggiriamo, quindi, verso valle e, in prossimità di una casa diruta, ecco la comoda entrata. Un fine tappeto di sabbia ci conduce all’interno di questo piccolo gioiello geologico, a metà strada fra il canyon e la grotta. È il Canyon dei Rumbulisi, un budello di roccia, levigato, liscio, sinuoso come le spire di un rettile, creato da millenni di erosione fluviale. Passato inosservato per anni – ammesso che qualcuno al di là del pastore locale l’avesse mai notato – oggi, grazie agli amici della cooperativa ed alle guide che vi portano i visitatori, appare come un bene identitario di Armo, qualcosa di valore, un vero e proprio attrattore naturale. È esattamente ciò che accade solo quando una comunità si risveglia dal coma culturale indotto dall’idea che i nostri piccoli, umili luoghi non valgano nulla. Un’ulteriore conferma che l’elogio dei piccoli luoghi del Sud è una grazia e un medicamento solo se accompagnato da un rinnovato impegno e da una consapevole assunzione di responsabilità individuale e collettiva.
*Avvocato e scrittore
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