ROMA Il mercato volontario dei crediti di carbonio è il nuovo business delle ecomafie. L’allarme è stato lanciato dal procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, alla presentazione alla Camera della prima Relazione della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti e sui reati ambientali e agroalimentari. «Dobbiamo concentrarci sui carbon credit – ha detto il magistrato -. E’ un mercato dal valore globale di decine di miliardi di euro. Le organizzazioni criminali ci si muovono agevolmente, perché le aziende non devono seguire nessuna linea nell’acquisto di questi crediti». Nel mercato volontario dei crediti di carbonio, o carbon credit, le aziende finanziano progetti di riduzione delle emissioni di gas serra, in genere riforestazioni in paesi in via di sviluppo. Il taglio delle emissioni si traduce in un credito di carbonio, che va a compensare la Co2 emessa dall’azienda. Questa può quindi comunicare ad azionisti e clienti che ha decarbonizzato le proprie attività, con un vantaggio d’immagine. In questo mercato, le ecomafie vendono alle aziende progetti fasulli di decarbonizzazione a basso prezzo. Il taglio delle emissioni non c’è, ma le imprese possono far credere di averlo fatto. Il mercato volontario dei crediti di carbonio è diverso dal mercato Ets, la tassazione europea delle emissioni, che è obbligatoria e limitata ai settori energivori dell’Unione. Alcune industrie della Ue (ad esempio acciaierie e vetrerie) sono obbligate a comprare diritti ad emettere gas serra. Se poi riducono le loro emissioni, possono rivendere i diritti eccedenti ad altre aziende.
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