REGGIO CALABRIA C’è un nuovo collaboratore di giustizia a Reggio Calabria, Antonino Randisi, considerato esponente delle cosche di ‘ndrangheta di Archi. Randisi, reggino classe 1989, ha scelto di saltare il fosso, rendendo le prime dichiarazioni alla Distrettuale antimafia guidata dal procuratore Giuseppe Lombardo. Già quattro i verbali depositati dal nuovo collaboratore nel processo “Gallicò”, nato da un’inchiesta della Dda contro cosche nella zona nord di Reggio Calabria. È il processo che ha acceso un faro sulle frizioni tra i clan di Gallico. I verbali sono stati depositati nel fascicolo processuale dal procuratore aggiunto Walter Ignazzitto.
Uomo di fiducia del boss Gino Molinetti, detto la “Belva”, Antonino Randisi era imputato nel processo “Epicentro” da cui lo scorso luglio era stato assolto dalla Corte d’Appello. Dall’accusa era ritenuto, infatti, partecipe della cosca De Stefano e, in particolare, quale stretto collaboratore di Molinetti e di Giorgio De Stefano. Dopo l’assoluzione, quindi, si è presentato ai magistrati per collaborare con la giustizia. «Intendo superare gli errori del passato – ha dichiarato ai pm – e voglio cambiare vita. Ho capito che questa non è la vita che voglio. Ho scelto di collaborare da uomo libero, non temo la carcerazione, ma voglio rimediare ai miei errori».
Ai magistrati, Randisi ha raccontato di aver ricevuto «la dote dello sgarro da Carmine De Stefano» e ha riferito anche dei luoghi dove «venivano nascoste le armi degli arcoti» e le dinamiche all’interno del locale di Gallico dove i Molinetti avevano «stretto un patto con Nino Crupi e Mario Corso che comandavano a Gallico sotto l’egida di Gino Molinetti». Randisi ha parlato dell’omicidio di Paolo Munno, un pregiudicato ucciso ad Archi nel 2012 all’interno del circolo ricreativo che gestiva la vittima. «L’esecutore fu Giuseppe Molinetti, figlio di Luigi Molinetti, e Ciccio Saraceno gli fece da palo. – c’è scritto nei verbali depositati oggi in aula – Venne utilizzata una pistola a tamburo». (Ansa)
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