REGGIO CALABRIA Esattamente quarant’anni fa si consumava a San Luca l’agguato contro il brigadiere dei carabinieri Carmine Tripodi. Il militare aveva solo venticinque anni quando la sera del 6 febbraio del 1985 fu raggiunto da colpi di lupara che lo uccisero. Ad esploderli un commando che lo stava seguendo mentre stava rientrando in auto a casa, lungo quella che oggi è conosciuta da tutti come “la curva del brigadiere”.
Un agguato di ‘ndrangheta che si consumò nei luoghi dove il sottufficiale stava indagando. Tripodi, originario di Torre Orsaia, in provincia di Salerno, infatti stava operando nel territorio aspromontano per fare luce sui numerosi sequestri di persona che si consumavano in quegli anni nella Locride e che terrorizzavano l’intera provincia.
Al sottufficiale, nel 1985, in occasione della Festa dell’Arma, fu conferita la “Medaglia d’oro al Valor militare”. Alla sua memoria sono intitolate, dal 24 febbraio 2010, la Caserma sede del Comando Stazione Carabinieri di San Luca e la Caserma sede del Comando Stazione Carabinieri di Padula, in provincia di Salerno; dal 7 giugno 2016, la Caserma sede del Comando Stazione Carabinieri di Torre Orsaia.
Un caso sul quale «c’è ancora sete di giustizia e di verità», è stato sottolineato dal comandante provinciale di Reggio Calabria, generale di brigata Cesario Totaro, nel corso della cerimonia di commemorazione celebrata a San Luca lo scorso anno. E l’obiettivo di arrivare finalmente a una verità sul caso è il cardine delle indagini che la Procura di Reggio Calabria sta portando avanti attraverso l’analisi di elementi che potrebbero, a distanza di tanti anni, inchiodare i killer del brigadiere che non sono mai stati individuati, ma di loro è rimasta una traccia che adesso potrebbe incastrarli. Prima di morire per mano del commando che gli sparò contro diversi colpi di arma da fuoco, Tripodi, seppur ferito, riuscì a esplodere cinque colpi con la pistola d’ordinanza, ferendo uno dei suoi killer. È su quelle tracce di sangue che la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria sta svolgendo accertamenti. Oggetto dell’inchiesta sono indumenti, sassi, toppe di asfalto, rinvenuti sulla scena del delitto e sulle quali ci sarebbero tracce ematiche riferibili ad uno degli aggressori del brigadiere. In particolare la divisa del brigadiere Tripodi, una busta in plastica con sassi repertati sul luogo del delitto, frammenti di asfalto, 5 cartucce calibro 12 esplose. Sono questi i reperti sottoposti ad analisi da parte dei Ris di Messina. L’obiettivo della Procura reggina è l’estrapolazione di un profilo genetico e quindi «l’identificazione degli autori dell’omicidio mediante comparazione con altri profili genetici presenti in banca dati o altrimenti acquisiti». Una prima relazione è stata depositata nei mesi scorsi, ma a seguito di nuovi accertamenti disposti dalla procura, si attende un nuovo deposito da parte dei Ris di Messina. (m.ripolo@corrierecal.it)
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