CATANZARO «La Calabria ha un’alta incidenza di malattie cardiovascolari sia per motivi genetici che per le abitudini di vita, soprattutto fumo e cibo che possono facilitare l’insorgenza della malattia coronarica». A parlarne ai microfoni del Corriere della Calabria è Mauro Cassese, tra i professionisti più affermati nel campo della cardiochirurgia e oggi al lavoro per la riapertura del Sant’Anna Hospital a Catanzaro. La struttura dallo scorso ottobre è in mano al gruppo Citrigno, che se ne è aggiudicato tramite asta. Dopo un periodo di declino, la clinica vede la luce in fondo al tunnel, dopo che la proprietà ne ha affidato le redini al dottor Cassese. Una riapertura importante anche per contrastare il fenomeno della migrazione sanitaria, particolarmente presente nel campo della cardiochirurgia. «C’è un saldo negativo negli interventi perché il campo cardiovascolare, insieme a quello dei tumori, sono i due gruppi di patologie che comportano la migrazione sanitaria dei pazienti».
Cassese sottolinea la complessità della cardiochirurgia, «l’unica disciplina chirurgica rimasta nella cosiddetta alta specializzazione». Fondamentale per ottenere un risultato valido, oltre alla capacità individuale, è circondarsi di «importanti figure professionali, come cardioanestesisti, perfusionisti, infermieri. È questo che rende complessa la cardiochirurgia, non l’atto in sé che non è differente da quello di una chirurgia qualsiasi. La difficoltà risiede proprio nell’essere complementari e collaborare con altri professionisti». Una equipe, dunque, che «non deve essere solo valida, ma anche affiatata, con una capacità di cooperare nella diagnosi e nel trattamento dei pazienti».
Per contrastare la migrazione sanitaria, oltre ai professionisti, servono naturalmente le strutture. «Io sono stato in Calabria dal 1999 al 2012 – spiega Cassese – anni in cui la cardiochirurgia era essenzialmente concentrata tra questa struttura privata accreditata, il Sant’Anna Hospital e il Policlinico di Germaneto. Ancora prima c’erano il Mater Dei di Catanzaro e in quegli anni nacque anche il centro di Reggio Calabria. Oggi la Regione può contare su due soli centri perché la parte privata accreditata è rimasta chiusa».
Un’ultima analisi Cassese la fa sul supporto dei privati alla sanità pubblica, anche se «fare cardiochirurgia in campo privato oggi è molto difficile, non credo abbia una resa economica così importante, perché i costi sono cresciuti in maniera esponenziale. I pazienti sono diventati più complessi, richiedono cure più costose, mentre i DRG attraverso i quali si ricevono rimborsi sono sempre gli stessi da anni. Quindi questo presunto guadagno si è andato erodendo negli anni». L’integrazione tra privato e pubblico resta comunque, secondo Casse, una soluzione intelligente per affrontare le criticità sanitarie. «È un po’ il futuro, si consente ai cittadini di abbassare le liste di attesa, di poter essere trattati in tempi più rapidi e di poter avere risposte immediate». (redazione@corrierecal.it)
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