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«Ti ammazzo, qui non devi più venire». Le minacce e il tentato omicidio per un debito da 50 euro

La via dello spaccio a Montebello Jonico e la lite prima del colpo di pistola. Il gruppo in possesso di armi da guerra ancora occultate

Pubblicato il: 26/02/2025 – 14:37
di Mariateresa Ripolo
«Ti ammazzo, qui non devi più venire». Le minacce e il tentato omicidio per un debito da 50 euro

REGGIO CALABRIA «Ti ammazzo, qui non devi più venire»Sono le ultime parole che Paolo Azzarà avrebbe ascoltato prima di essere raggiunto al collo da un colpo di pistola. Il 36enne, vittima di un agguato il 9 ottobre 2024, è riuscito a salvarsi raggiungendo l’ospedale di Melito Porto Salvo, ma la gravità della lesione ha richiesto il trasferimento immediato nel reparto di Rianimazione del Gom di Reggio Calabria, dove l’uomo è stato ricoverato. Immediate le indagini dei carabinieri, con il coordinamento della Procura di Reggio Calabria, che hanno portato all’arresto di cinque persone di Montebello Jonico. All’origine del tentato omicidio, per il quale è accusato Pasquale Minniti (finito in carcere), ci sarebbe un debito di droga. Per il concorso in tentato omicidio è indagato in stato di libertà anche Antonino Foti, di 43 anni, per il quale non è stato chiesto l’arresto. Oltre a Pasquale Minniti, con l’accusa di detenzione di armi, in carcere sono finiti invece i suoi genitori, Bruno Minniti di 58 anni e Annamaria Verduci (51), lo zio Fortunato Verduci (63), e Roberto Rodà (29). Rodà è il fidanzato di Maria Minniti, di 26 anni, sorella di Pasquale e anche lei indagata. 

Lo spaccio di droga e il debito di 50 euro

Secondo quanto emerso, la vittima dell’agguato intratteneva relazioni riconducibili all’acquisto di stupefacente col gruppo di contrada Vena rappresentato in primis da Pasquale Minniti e Fortunato Verduci. Azzarà si incontrava spesso con Minniti dal quale «con elevatissima probabilità acquistava stupefacente previ contatti telematici e telefonici con lo stesso aventi ad oggetto frasi allusive come “un bacino” o “due bacini”». Alla base del tentato omicidio una lite per un debito di droga di soli cinquanta euro, che Azzarà, secondo quanto raccontato agli investigatori dal giovane – avrebbe saldato, ma per il quale Pasquale Minniti gli aveva intimato di non presentarsi più in quella via, altrimenti gli avrebbe fatto del male. E così è stato. Un’azione avventata a seguito di una faccenda che Verduci etichetta come «una fesseria». «Non era meglio che ti butti latitante?», la frase dello zio rivolta al nipote. Nei dialoghi captati emerge anche che Verduci aveva rimproverato il nipote «rammentandogli che lo aveva invitato a lasciar perdere Azzarà e che non valeva la pena compiere azioni così gravi per motivi banali».

La paura per il ritrovamento dell’arma

L’arma utilizzata – secondo quanto emerso dalle indagini – è una pistola a tamburo del tipo Rivoltella; «circostanza desunta sia dalla tipologia di ogiva estratta dal corpo» di Azzarà, «che dal mancato ritrovamento del bossolo (rimasto nel tamburo), sul luogo dello sparo». Durante la perquisizione avvenuta il 30 ottobre 2024, era stata rinvenuta (tra le tante) proprio una pistola tipo Rivoltella, di colore nero, con manico in madre perla bianco, contenente all’interno del tamburo 5 colpi (piuttosto che 6). Il ritrovamento della pistola, inoltre, aveva allarmato Minniti, il quale «cercava di ottenere dallo zio notizie circa il rinvenimento da parte dei Carabinieri di una pistola a tamburo, in merito alla quale chiedeva del colore (di che colore fosse nera o di colore diverso), così lasciando chiaramente intendere come la stessa fosse di sua proprietà, analogamente ad altra arma simile, ma di colore diverso».
All’azione sono poi seguiti tentativi di depistaggi, gli indagati hanno tentato più volte di spostare le armi: «mi trovano le armi da guerra. Da là le devo togliere …incompr… andiamo e togliamole». Un vero e proprio arsenale: armi da guerra che si sono affrettati ad occultare e che sono ancora nella loro disponibilità, sottolinea il gip che parla di «collegamenti forti con ambiti criminali di sicuro spessore».

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