COSENZA Con la spavalderia di uno scugnizzo dei vicoli e insieme con la consapevolezza di uomo che ha saputo migliorarsi e riscattarsi da un destino che sembrava segnato, venerdì sera sul palco del Cinema San Nicola a Cosenza, Salvatore Striano ha affrontato il pubblico con l’ambizione dichiarata di “svelare il mistero delle carceri italiane”. E lo ha fatto senza remore, puntando il dito contro un sistema che non rieduca chi ha sbagliato ma, piuttosto, lo induce a perseverare.
L’ex detenuto, diventato attore, regista e scrittore dopo un’esperienza teatrale in carcere, è stato invitato dal Rotary Club Cosenza Nord con l’intento – ha spiegato la presidente Antonietta Converso in apertura di serata – di procedere sul percorso di inclusione sociale che il Rotary ha tra i sui propositi di servizio. Già due i progetti messi in atto dal Club con la finalità di avvicinarsi alla sofferenza di chi ha perso la libertà e di contribuire a una rieducazione non solo possibile ma indispensabile. Il primo si sta svolgendo con le detenute del carcere di Castrovillari, il secondo con i minori della Comunità Ministeriale di Catanzaro.
Sul palco, a presentare lo spettacolo “Il giovane criminale”, c’erano anche Mario Caterini, docente di Diritto penale all’Unical e direttore dell’Istituto di studi penalistici “Alimena”, che ha collaborato alla realizzazione dell’evento; Giuseppe Carrà, direttore dell’Istituto penitenziario di Castrovillari; Angela Costabile, docente di Psicologia Unical; Francesco Chiaia, avvocato penalista e socio del R.C. Cosenza Nord; Franca Garreffa, docente di Servizio sociale e Sociologia Unical, delegata Unical per il Polo penitenziario.
Caterini ha ricordato che su una popolazione di circa 62.000 detenuti in carcere, lo scorso anno si sono registrati circa 90 suicidi. Cifra spaventosa in assoluto, ma che colpirebbe certamente di più se – per pura ipotesi – riguardasse i giovani di una città di egual numero di abitanti come Cosenza, mentre, invece, non ha lo stesso impatto se a morire sono carcerati. Eppure qualcosa si può e si deve fare, se è vero che le percentuali di decessi scendono drasticamente nelle realtà penitenziarie che riescono ad offrire un lavoro quando ancora si sta scontando la pena.
Il direttore Carrà ha richiamato l’art. 27 della Costituzione che stabilisce l’obiettivo della rieducazione e del reinserimento del detenuto ed ha sottolineato che dal carcere si dovrebbe uscire migliori di come vi si è entrati. Si è poi soffermato sul progetto del Club Cosenza Nord in corso a Castrovillari, che ha suscitato grande attenzione nelle detenute e che sarà perciò seguito da altre esperienze simili.
Angela Costabile ha parlato delle origini della violenza, non sempre attribuibili – come finora si è fatto – ad indole o ambiente. Ha informato che recenti studi avrebbero accertato che il cervello umano raggiunge la maturità non a sedici anni, ma a 22. E dunque, è un dato aggiuntivo da tenere presente per programmare una diversa attenzione al recupero dei minori che delinquono.
Francesco Chiaia ha ringraziato il Club per aver dato l’opportunità di parlare del tema. Ha poi sostenuto la convinzione che il problema di fondo sia l’ignoranza, dalla quale nasce la delinquenza, come il grande De Filippo aveva ben rappresentato ne Il Sindaco di rione Sanità. Soprattutto per i minori, dunque, la parola chiave è “cultura”.
Franca Garreffa, infine, ha riferito dell’esperienza Unical che vede 86 studenti detenuti. Ha citato la Costituzione che parla di “pene” e non di detenzione che significa che la punizione non può coincidere sempre con il carcere, da riservare piuttosto ai reati più gravi. Invece, gli istituti penitenziari scoppiano, soprattutto di immigrati e meridionali. Ma la risposta esclusivamente carceraria è un’inciviltà. E Striano rappresenta uno degli ex minorenni che avrebbe dovuto avere risposte dalla società prima di entrare in carcere.
Salvatore Striano ha quindi iniziato il suo monologo, catturando da subito l’attenzione della platea. Ha raccontato della sua infanzia e della giovinezza, dei primi errori e dei periodi trascorsi negli istituti di rieducazione e in carcere, venendo a contatto con una realtà di soprusi e prepotenze non solo dai compagni di cella, non solo dai capi criminali. Ha sostenuto che l’attuale sistema non riesce a vincere sulla delinquenza perché si illude di farlo aumentando gli anni di carcerazione e la durezza del trattamento. “Ma in questo modo non recuperate nessuno, i detenuti non li fate pagare, semplicemente li imbastardite!” ha urlato.
Striano ha anche rivolto parole di amaro scherno verso l’ipocrisia di una società severa con chi delinque per bisogno e molto indulgente con altre cerchie. “E invece quando una persona perbene non si comporta bene dovrebbe pagare il doppio.”
Striano non si autoassolve. Riconosce che la malavita è la più grande truffa in cui si possa incorrere. “Nessuno esce vincente dal mondo della malavita”.
Ma il sistema carcerario è inefficiente e va cambiato, soprattutto per recuperare i minori, mentre oggi si favorisce la loro perdita definitiva.
Dopo il monologo, Salvatore Striano si è prestato alle domande del pubblico, che ha mostrato grande apprezzamento per uno spettacolo che ha offerto un punto di vista diverso e sul quale meditare.
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