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IL PROCESSO

‘Ndrangheta, processo alla cosca Alvaro-Penna: chieste condanne per oltre 200 anni – NOMI

Il filone reggino dell’inchiesta “Propaggine”. Chiesta l’assoluzione dell’ex sindaco di Cosoleto Gioffrè

Pubblicato il: 07/03/2025 – 11:23
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, processo alla cosca Alvaro-Penna: chieste condanne per oltre 200 anni – NOMI

L’operazione della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria, scattata il 10 maggio del 2022, aveva portato all’arresto di 34 persone, 29 delle quali erano finite in carcere, 5 ai domiciliari. Un blitz nato dall’inchiesta coordinata dall’allora procuratore Giovanni Bombardieri contro i presunti esponenti di vertice della cosca Alvaro di Sinopoli, il filone reggino dell’ampia inchiesta “Propaggine” della Dda di Roma.  

La cosca Alvaro-Penna

Ora, dopo quasi tre anni, il pm al termine della requisitoria, ha avanzato le richiesta di condanna per 14 imputati per oltre 2 secoli di carcere. Tra loro ci sono Antonio Alvaro detto “u massaru”, Carmelo Alvaro, detto “Bin Laden”, per i quali sono state chieste condanne rispettivamente a 16 anni e 22 anni e 6 mesi di reclusione. Dalle indagini condotte dalla Dia reggina, era emerso che la cosca Alvaro-Penna oltre ad essere operativa nel territorio di Sinopoli, dominava anche il centro urbano di Cosoleto, paese aspromontano, dove insiste un locale di ‘ndrangheta autonomo ma funzionalmente dipendente da quello di Sinopoli. Per questo spicca la richiesta di assoluzione di Antonino Gioffrè, ex sindaco di Cosoleto, all’epoca finito ai domiciliari, con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso e favoreggiamento aggravato. Chiesta l’assoluzione anche per Domenico Rechichi, Giuseppe Durante Palermino , Antonino Gioffrè e Antonio Carzo. Deceduto, invece, Nicola Alvaro.

Indagini avviate a Roma nel 2016

L’attività investigativa è stata avviata nel 2016 dal Centro operativo della Dia con il coordinamento della Procura di Roma. Successivamente, a seguito dell’emersione di numerosi e significativi punti di contatto con soggetti calabresi operanti a Sinopoli, Cosoleto e territori limitrofi, parte degli atti sono stati trasmessi per competenza e le indagini, per tale parte, sono proseguite con il coordinamento della Dda di Reggio Calabria. Oltre a confermare l’esistenza del locale di ‘ndrangheta nel territorio di Sinopoli, dove è radicata la famiglia mafiosa degli Alvaro e a cui è legata la famiglia Penna, le indagini hanno consentito di appurare come la cosca abbia dato vita, nella capitale, ad un’articolazione (denominata locale di Roma), che rappresenta un “distaccamento” autonomo, del sodalizio radicato in Calabria.

Gli incontri con i vertici calabresi solo per matrimoni o funerali

Secondo gli investigatori, con l’inchiesta della Dia c’è un’immagine nitida dell’esistenza di una propaggine romana, oggetto delle indagini coordinate dalla Dda di Roma. Autorizzato dai massimi vertici della ‘ndrangheta calabrese, si tratta di un locale che era in stretto legame con la “casa madre sinopolese” che aveva il compito di trovare una soluzione alle frizioni tra i sodali romani. A Roma è stata esportata anche l’osservanza dei riti e dei linguaggi tradizionali. I due capi del locale romano limitavano al minimo gli incontri di persona con i vertici calabresi, facendoli coincidere con eventi particolari, quali matrimoni o funerali. (g.curcio@corrierecal.it)

I nomi:

Antonio Alvaro (cl. ’37): 16 anni;
Carmelo Alvaro (cl. ’60): 22 anni e 6 mesi;
Domenico Alvaro: 20 anni;
Giuseppe Alvaro (cl. ’69): 12 anni;
Alfredo Ascrizzi (cl. ‘98): 12 anni;
Franco Carmelitano (cl. ’66): 13 anni;
Vincenzo Casella (cl. ’88): 12 anni;
Carmelo Versace (cl. ’60): 20 anni;
Francesco Luppino (cl. ’48): 13 anni;
Antonino Penna (cl. ’85): 22 anni e 6 mesi;
Carmine Penna (cl. ’79): 20 anni;
Giovanni Penna (cl. ’97): 15 anni;
Carmela Penna (cl. ’83): 8 anni;
Maurizio Rustico (cl. ’80): 4 anni e 6 mesi.

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