C’è chi – era l’estate del 2020 – voleva intitolargli la sede della Cittadella regionale. La proposta l’avanzò l’allora consigliere regionale del gruppo misto, Francesco Pitaro. Se la sede del Consiglio a Reggio omaggia Tommaso Campanella, sembrava una buona idea che fosse Cassiodoro a insediarsi negli atti del palazzo della Giunta. I reggini (della provincia) a Reggio, i catanzaresi (sempre della provincia) a Catanzaro. Del resto a studiare bene la carriera del politico e letterato romano che visse sotto il regno romano-barbarico degli Ostrogoti e successivamente sotto l’Impero romano d’Oriente, Cassiodoro se ne intendeva di cancellerie reali e anche di ghost writing, per cui posizionarlo nel palazzo del Governo tutto sommato non sarebbe stata una cattiva idea.
Le cose sono andate come sappiamo, la Calabria sarebbe stata ben lieta di azzuffarsi in un prevedibile referendum su Cassiodoro. Oggi, quel vuoto di intestazione poi colmato dal nome della presidente Jole Santelli, a rileggere le cronache dell’epoca, suona quasi come un’infausta attesa del destino.
Era un calabrese di nobile origine siriana, Cassiodoro, che “pentito”, diremmo oggi, dell’intensa carriera politica si diede allo studio delle Sacre Scritture, prossimo alla beatificazione pur senza miracoli, lo prevede la Chiesa. Un po’ come una laurea honoris causa perché Cassiodoro ritiratosi nei suoi possedimenti a Squillace, fondò le comunità monastiche del “Vivarium”, di vita cenobitica, e del “Castellense”, di vita eremitica, i cui monaci, allo stile classico della vita religiosa unirono il lavoro della copiatura, conservazione, trascrizione e studio dei manoscritti antichi, sia cristiani sia classici. Con una ricca raccolta di codici e di uno scriptorium, “Vivarium” divenne il prototipo dei centri culturali monastici del Medioevo.
Ma perché ricordiamo, adesso Cassiodoro? Se non serve un miracolo per la beatificazione, servirebbe di certo per moltiplicare gli euro necessari alla campagna di scavi del progetto Vivarium dell’Istituto pontifico di archeologia cristiana. Per due motivi: alla fine dell’estate scorsa il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto – si legge in uno stile istituzionale che sarebbe piaciuto a Cassiodoro – “ha mostrato vivo interesse per il progetto che intende promuovere la costituzione di un grande parco archeologico all’aperto per rendere fruibili anche al pubblico i luoghi Cassiodorei”. Insomma ha messo in conto di scucire un contributo. Del resto il potenziale narrativo dei luoghi cassiodorei è altissimo, non a caso è nella mappa dei Cento marcatori identitari della Calabria consegnati un paio di anni fa alla Regione.
A salvaguardia della santità della Cittadella – per sdrammatizzare – rimane il nostro San Francesco di Paola, e chi sennò, al quale è dedicato l’immenso slargo d’ingresso, quello dove – considerato che la Calabria ormai vola, come Occhiuto si è fatto stampare in 3D – effettivamente potrebbe atterrare un jet privato a corto raggio tanto è grade. Tanto povero Francesco quando quanto ricco Cassiodoro, l’uno navigava a piedi, l’altro a dirla tutta, preferì Ravenna alla Calabria perché qui aveva difficoltà a muoversi, e solo a un certo punto si ritirò in monastero sul mare del Catanzarese, vivendo fino a 90 anni in buona salute e impegnato a scrivere. Un po’ di dubbi sull’epopea di Cassiodoro ci sono, ma lo lasciamo agli storici e agli archeologi papali. “Accogliete i pellegrini”, suggeriva, “fate l’elemosina, vestite gli ignudi, spezzate il pane agli affamati, poiché si può dire veramente consolato colui che consola i miseri”. Lì, a qualche passo sulle future Cutro e Riace. Se la merita la beatificazione. (redazione@corrierecal.it)
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