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Covid, lo studio italiano identifica i pazienti più a rischio

Tra le ipotesi quella di un virus diffusosi migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria

Pubblicato il: 11/03/2025 – 19:08
Covid, lo studio italiano identifica i pazienti più a rischio

ROMA Come scegliere a chi somministrare il vaccino contro il Covid in via prioritaria? E come capire chi ha più probabilità di sviluppare la malattia nella forma più grave fino ad arrivare alla morte? E perché la pandemia ha attecchito in alcune aree del Nord del Paese più che al Sud? Domande alla quali un gruppo multidisciplinare di scienziati, guidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, e composto da epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi, ha dato una risposta individuando un metodo statistico per identificare i pazienti più a rischio, ma anche quelli più protetti, partendo dallo studio delle molecole Hla, quelle responsabili in un individuo del rigetto dei trapianti. Cinque anni la durata dello studio partito nel 2020. «È dalla qualità di queste molecole – spiega all’ANSA Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Grande Metropolitano ‘Bianchi Melacrino Morelli’ di Reggio Calabria – che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”. In sostanza, spiegano, è questione di corredo genetico. Chi ha molecole Hla di maggiore qualità, rileva lo studio, avrà più chance di contrastare il Covid o altri virus pandemici. Metodo – si sottolinea – applicabile anche in altre condizioni infettivologiche, oncologiche e autoimmunitarie.
Dallo studio – pubblicato sul Journal of Translational Medicine – e brevettato dai suoi autori, emerge anche che questi alleli (le differenti caratteristiche che può assumere lo stesso gene) non presentano la stessa distribuzione sul territorio nazionale e ciò spiegherebbe le differenza nella diffusione della malattia durante le prime ondate di Covid-19, con il Sud Italia meno esposto alla pandemia rispetto alle regioni del Nord. Tra le ipotesi allo studio quella di un virus antesignano del Covid diffusosi migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria e che potrebbe avere in qualche modo immunizzato i discendenti di quelle terre. Questione di geni tramandati di generazione in generazione. Lo studio ha preso in esame nella sua parte epidemiologica tutti i casi di Covid registrati in Italia nella Banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità. E successivamente 75 malati di Covid ricoverati all’ospedale di Reggio Calabria e al Cotugno di Napoli oltre a 450 pazienti registrati tra i donatori sani. I ricercatori hanno iniziato a verificare se l’alto numero di ricoveri per Covid-19 in alcune province italiane potesse essere associato a determinanti genetici specifici della popolazione residente. Associando i dati Hla, e l’incidenza di Covid-19 nelle province italiane, il gruppo di studio ha identificato i geni Hla di classe I, Hla-C01 e Hla-B44, come permissivi all’infezione da Sars-CoV-2. Per confermare l’analisi, Correale e colleghi hanno ulteriormente studiato l’associazione tra Hla e l’incidenza di Covid-19 e poi hanno condotto uno studio ‘caso-controllo’ analizzando i genotipi Hla di pazienti ricoverati per Covid-19 in due regioni italiane, la Campania e la Calabria. I risultati hanno mostrato che l’associazione tra Hla-C01 e Hla-B44 con il rischio di Covid-19 grave variava ed è infine scomparsa dopo la prima ondata pandemica. Al contrario, l’espressione dell’allele Hla-B*49 è emersa come un fattore protettivo ed è stata confermata dallo studio caso-controllo successivo in Campania e Calabria.

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