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La morte di Carmine Gallo, “superpoliziotto” dalle due vite e tanti segreti di ‘ndrangheta

Sequestrati farmaci e resti della cena dalla Procura di Milano

Pubblicato il: 11/03/2025 – 11:33
di Paride Leporace
La morte di Carmine Gallo, “superpoliziotto” dalle due vite e tanti segreti di ‘ndrangheta

Parafrasando uno dei più celebri “attacchi” di pezzo giornalistico, quello di Tommaso Besozzi per il rinvenimento del cadavere del bandito Giuliano nel 1950, di sicuro c’è che l’8 marzo scorso nel suo letto della casa milanese Carmine Gallo è morto a 67 anni. E probabilmente si è portato dietro i segreti di almeno due vite. Morto d’infarto? Probabilmente ma non si possono lasciare sospetti. Quindi non solo disposta l’autopsia ma sotto osservazione anche i farmaci che prendeva il super poliziotto insieme agli ultimi pasti, disposti anche gli accertamenti tossicologici per verificare che non si sia trattato di un suicidio.
I segreti della prima vita da super poliziotto nascono a Milano, metropoli che lo avevano visto essere il miglior investigatore di ‘ndrangheta capace di stare in quelle zone d’ombra che ti permettono di arrivare dove le procedure e il codice con le loro regole d’ingaggio non ti consentono di andare “oltre”. E poi gli altri segreti , ancora più oscuri, quelli che vedevano “il dottore”, come lo chiamavano tutti nell’ambiente, ristretto agli arresti domiciliari nella casa dove è morto per essere uno dei perni centrali dell’inchiesta sui dossieraggi di Equalize, penultima vicenda da notte della Repubblica in cui il superpoliziotto di origine napoletana sarebbe stato in grado di mettere in uso gli archivi del Viminale insieme alla sua conoscenza diretta di fonti sporche per servizi privati a favori di grandi aziende e uomini di Stato eccellente.
Carmine Gallo era uno sportivo, correva la maratona, ed è morto. Nell’epoca dei complottismi e della post verità i magistrati hanno ritenuto comunque aprire un fascicolo per fugare, visto i contesti molto oscuri, qualsiasi ipotesi di morte violenta. Da servitore dello Stato a indagato per accesso abusivo a sistemi informatici e associazione a delinquere di una Spectre commerciale milanese cui aveva deciso di far parte, forse per rivalsa, forse perché, se sei sbirro dentro, non vuoi allontanarti dal tuo mestiere anche da pensionato. Da amministratore delegato della Equalize in via Pattari a Milano aveva commesso un grande errore, “il dottore”. Pensava di essere ancora un agente sotto copertura della Polizia e si era permesso di andare a incontrare a pochi metri dal suo ufficio un pezzo grosso della criminalità lombarda. Per i pm era il “bingo che cercavano”. Nelle prosa giudiziaria dei pm milanesi le glorie del passato non avevano avuto alcun valore, per loro Gallo era “persona tentacolare e senza scrupoli”. Versione contestata da colleghi e anche da qualche cronista che ne aveva seguito le gesta in lunghi anni di lotta alla ‘ndrangheta, ma non solo ‘ndrine perché Carmine Gallo aveva risolto anche altre questioni difficili quali il delitto Gucci e la cattura a Padova del killer Profeta.
Quando di ‘ndrangheta all’ombra della Madonnina si sapeva molto poco e i giornalisti del Nord ancora confondevano la Sila con l’Aspromonte, Carmine Gallo era stato l’uomo chiave per permettere la risoluzione del complesso rapimento a Pavia di Cesare Casella. La mamma del giovane lombardo fece epoca andando nella Locride a portare la protesta pubblica in piazza provocando un terremoto mediatico che mise in imbarazzo lo Stato. Casella doveva essere liberato e la patata bollente fu affidata a Gallo. Il “dottore” era stato decisivo anche per risolvere un altro rapimento al Nord dei calabresi, quello di Alessandra Sgarella avvenuto in zona San Siro a Milano nel 1997. Che in quell’occasione ci sia stata una trattativa tra Stato e ‘ndrangheta sta scritto anche nella sentenza dove si legge «nell’assenza assoluta di spunti, gli investigatori si misero alla ricerca di ogni possibile appiglio», attivando «tutte le fonti confidenziali possibili».

Ferro_gallo_via Pattari

Era mestiere di Gallo cercare quelle fonti. Quando sarà chiamato a deporre al processo per spiegare i contatti avviati con uno dei boss più autorevoli dei Barbaro di Platì riferirà di aver informato il magistrato competente di ogni avvenimento. Ai cronisti che ancora scandagliavano quelle lontane vicende era solito ripetere: “Tutto quello che ho fatto non l’ho mai fatto di mia iniziativa”. E qualche cronista all’indomani della morte del “dottore” ha scritto che nell’appartamento dove è morto l’8 marzo negli anni Novanta si erano presentati emissari dei Barbaro “a minacciarlo e pretendere quegli sconti di pena promessi dallo Stato alla ‘ndrangheta di Platì per liberare l’imprenditrice Alessandra Sgarella”, come scrive Davide Milosa sul Fatto Quotidiano.
Carmine Gallo aveva nella sua carriera di poliziotto molti meriti senza ombre. Si deve alla lui la collaborazione con la giustizia di Saverio Morabito, da lui personalmente gestita e che ha fatto conoscere i meandri più nascosti delle ‘ndrine lombarde sgominate dall’inchiesta Nord-Sud e diventata anche epica da film di successo ne “Lo spietato”.
Gallo era stato anche il referente degli investigatori tedeschi all’indomani della strage di Duisburg. Anche in quell’occasione grazie alle sue fonti riservate “il dottore” era stato in grado a tre mesi di dell’eccidio in terra di Germania di far produrre ad un alto funzionario di polizia un’informativa riservata del Viminale con i nomi e i mandanti della strage. C’è anche chi giura che Gallo a poche ore dalla sanguinaria sparatoria sia partito di notte per la Calabria con un detenuto per farlo incontrare con il padre ed evitare che la guerra di ‘ndrangheta debordasse in tutto il continente.

famiglia romeo 'ndrangheta Carmine Gallo

Restano solo i misteri. Come ha ben ricordato il nostro collega Giorgio Curcio, Gallo era rimasto in possesso di un incredibile archivio sulla ‘ndrangheta con l’albero genealogico di ogni ‘ndrina e le composizioni della Santa, organismo che in Calabria mette a sedere insieme mafiosi e massoni molto coperti in logge supersegrete.  Ai domiciliari Carmine Gallo si stava dedicando a scrivere un libro di memorie sui molti segreti delle sue due vite. Un libro incompleto e che comunque dovrebbe essere stato acquisito dai magistrati, che hanno dato mandato di radiografare il suo computer.
Restano anche i suoi verbali da indagato. Carmine Gallo aveva deciso di collaborare con gli inquirenti. Aveva parlato dell’Eni in un verbale che è stato secretato, su richiesta dell’azienda di Stato. Forse aveva anche parlato del ruolo dei servizi che aveva incrociato nel suo nuovo anomalo lavoro. L’inchiesta Equalize ora si colloca tra il buio e la luce di quello che conosceva Carmine Gallo sui suoi committenti e sui suoi coimputati. Forse era convinto che con le sue deposizioni avrebbe potuto riscattare la sua immagine e la sua storia. Forse. Di sicuro c’è solo che Carmine Gallo, “il dottore”, è morto nel suo letto. Sul come bisogna attendere gli esiti degli accertamenti scientifici.
Restano i molti segreti, senza lui in vita difficilmente saranno svelati. (redazione@corrierecal.it)

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