ROMA «Caro Leonardo…». Inizia così la risposta del direttore editoriale del Giornale Vittorio Feltri, ad un lettore a proposito di un reportage redatto da San Luca e datato 1989. «Anche a San Luca la popolazione è diminuita. So di un solo comune calabrese in cui la popolazione è rimasta quasi stabile. (…) Si legge che la Calabria era allora in pieno boom economico. Avranno perfezionato il modo di aumentare le entrate con pensioni di vecchiaia, disoccupazione, accompagnamento e provvidenze varie. L’integrazione corre ma le olive pendono sempre dagli alberi», scrive Leonardo Chiarelli.
Nella risposta, Feltri chiarisce: «non mi risulta affatto che si sia verificato un boom economico in Calabria. Gli indici nazionali certificano da un paio di anni una crescita generale dell’occupazione, (…) ma certe regioni del Sud, la Calabria in primis, permangono in acque più o meno stagnanti e non si può addossare la colpa sempre alle istituzioni nazionali, al governo, allo Stato. Penso piuttosto che gran parte della responsabilità gravi su quelle locali, le quali ne hanno divorati di denari pubblici, e che ci sia di fondo una mentalità, difficile da estirpare, che genera uno stato di rassegnazione nelle popolazioni del profondo Meridione».
Per il direttore. «Alla Calabria non manca proprio nulla, è terra ricca di risorse, forse la più ricca che abbiamo in Italia, tuttavia la meno valorizzata e sfruttata. La ricchezza viene sprecata. La bellezza mortificata. La natura maltrattata. Spiagge e monti trascurati. La vocazione turistica poco valorizzata, anzi, diciamo pure per niente, dal momento che non vi sono strutture ricettive. Quindi la domanda ci sarebbe pure, ma l’offerta manca».
Feltri individua i “responsabili”. «Si è imposta l’idea che la salvezza venga da fuori, dall’esterno, che non sia responsabilità dei calabresi fare qualcosa per loro stessi e per la propria terra madre. (…) È assente l’ambizione, è assente l’orgoglio (…), ci si abitua pericolosamente alla mediocrità». Il direttore editoriale del Giornale cita Alvaro. «Un rischio che aveva denunciato il grande scrittore calabrese Corrado Alvaro, autore di un libro da me molto amato, che ha inciso tanto nella mia formazione giornalistica e umana, ovvero Gente in Aspromonte». E chi si accontenta, «caro Leonardo, non gode, ma muore, perché si spegne, cessa di fare, si arrende. Viene sconfitto».
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