Le prossime elezioni comunali a Rende sono al momento una sciarada di difficile soluzione. Comune dell’area urbana cosentina, Rende è la sede di una delle più prestigiose università d’Italia e ha redditi fuori dalla classifiche basse calabresi. Dovrebbe essere un modello amministrativo di riferimento. Così non è. A Rende dal 2004 ben tre sindaci sono stati arrestati (Sandro Principe, Umberto Bernaudo, Marcello Manna) per questioni di diverso tenore con esito finale aperto e uno, Vittorio Cavalcanti, si è dimesso per evitare guai peggiori. L’ultima amministrazione comunale, quella di Marcello Manna, è stata invece sciolta per infiltrazione mafiosa dal Viminale ed è stata commissariata. Insomma a leggere i nudi dati Rende ha un pedigree legalitaria peggio di quello di San Luca.
E’ evidente che la campagna elettorale di Rende avrebbe bisogno di una scatto dialettico per comprendere questo dato ambientale da cosa nasce e qual è il dato reale dello stato delle cose.
Una politica malata si è distratta compromettendo la sua agibilità o la giurisdizione ha calcato la mano con la legislazione d’emergenza strappando le scelte dei cittadini sulle proprie scelte? Forse si dovrebbe partire da questo delicato punto. È notizia di queste ore che in Emilia Romagna a Brescello, paese celebre per la saga di Don Camillo e Peppone, ben due sindaci, Giuseppe Vezzani e Marcello Coffrini, sono stati assolti dall’accusa di concorso esterno per mafia in un paese pesantemente infiltrato dalla cosca calabrese dei Grande Aracri. Elemento che dimostra che la fase preliminare delle indagini nei rapporti tra mafia e politica troppo spesso non collima con quella delle sentenze.
Dire Rende significa in politica pronunciare in modo pavloviano Principe, nome della famiglia spesso egemone in municipio da diversi decenni.
Capostipite ne fu Francesco Principe, detto Cecchino, più volte ministro e capocorrente calabrese di De Martino nel Psi, ma soprattutto sindaco e fondatore del buon modello urbanistico rendese avendo governato ininterrottamente in municipio dal 1952 al 1980. Da nome di famiglia ereditario il successore è stato Sandro Principe che seguendo le orme paterne ha scalato la carriera politica ricoprendo incarichi ministeriali e regionali mantenendo la guida diretta e indiretta sul Comune che viene interrotta nel 2014 e nel 2019 dal doppio successo del Laboratorio politico di Marcello Manna.
Fino a qualche settimana fa, Sandro Principe si presentava come il candidato da battere a Rende con un ritorno da protagonista favorito da molto suo ceto politico di riferimento. Arrideva al politico rendese il ruolo propulsivo e forse decisivo interpretato in occasione del recente referendum consultivo sulla proposta di riunificazione dei comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero. Sandro Principe era stato in grado per storia e capacità politica di mobilitare un “No” deciso, identitario e trasversale. Ha annunciato di volersi impegnare nella creazione di un’unione dei Comuni più condivisa da un processo dal basso. Non tutte le ciambelle però escono dal buco e Sandro Principe ora si ritrova a combattere il fantasma fracassone dei tribunali. Lo scorso 7 marzo la procura nell’ambito del processo Rimborsopoli per presunti rimborsi illegittimi al Consiglio regionale ha chiesto nei confronti di Sandro Principe una condanna a 4 anni e 10 mesi. Il procedimento fu istruito dal procuratore Cafiero De Raho, oggi parlamentare dei Cinque Stelle, forza politica presente pur senza grandi numeri a Rende.
La sentenza è prevista per luglio. Considerato che parliamo di fatti risalenti ad un decennio addietro è verosimile che per i 26 imputati possa scattare una molto probabile prescrizione. Ma il fantasma fracassone giustizialista potrebbe avere una velenosa coda per un eventuale Sandro Principe eletto dal popolo.
Perché per il sindaco, pur con una prescrizione, scatterebbe la legge Severino con complessi cavilli e controdecreti di un provvedimento nato senza scrupolo dai partiti nel considerarne le ricadute.
E non finisce qua. Perché c’è un’altra recente sentenza di Cassazione che complica la candidatura di Sandro Principe. Ovvero il processo per collusioni con il clan Lanzino che aveva visto il politico socialista, l’ex sindaco Umberto Bernaudo e gli ex assessori Pietro Ruffolo e Giuseppe Gagliardi assolti in due gradi di giudizio ma tornati indietro come una sorta di gioco dell’oca che ricomincia di nuovo dal processo di Appello per carenza di motivazioni.
Una pessima spia della lunghezza dei processi italiani. Una vicenda che va avanti ormai da vent’anni come un romanzo di Dumas. Aleggia un senso comune sulla questione Principe considerato che l’intero quadro politico la riteneva una vicenda chiusa. Immediata la solidarietà espressa dal gruppo “Attiva Rende” che fa capo a Mimmo Talarico alleato di Principe. Meno scontata la solidarietà arrivata dal Laboratorio politico di Marcello Manna che ha affermato: “Abbiamo creduto fin dall’inizio alla totale estraneità dei compagni coinvolti rispetto ai fatti contestati” ma non si manca di sottolineare rispetto al recente scioglimento del consiglio a guida Manna che “Avremmo apprezzato allora un gesto di solidarietà, così come oggi lo esprimiamo a Sandro. Ai nostri avversari è mancata la lucidità politica per riconoscere una pratica ormai sistematica, soprattutto quando si tratta del Sud e, in particolare, della Calabria. Più volte abbiamo invitato le forze politiche ad avviare un confronto costruttivo su queste distorsioni. Chissà che questa ennesima dimostrazione di forza non spinga finalmente a una riflessione ormai non più rinviabile”. Troppo presto per dire se si apre un dialogo che possa essere anche elettorale. Certo, complicato per Principe e i suoi sostenitori dare ragione a Manna e al Laboratorio politico dopo aver organizzato mobilitazioni contro il potere comunale assediato dalla magistratura.
Dal punta di vista politico chi ha fatto una mossa è il Psi di Luigi Incarnato che, pur senza far cenno a vicende giudiziarie, sia al recente congresso socialista sia in una dichiarazione rilasciata a Gazzetta del Sud, ha indicato il diretto sostegno alla candidatura di Principe a Sindaco come necessario alla vittoria del centrosinistra.
Un pensiero per nulla condiviso da parte del Partito Democratico che oggi a Rende si esprimerà in forma ufficiale ma radio fante annuncia che per Principe, già avversario al referendum, non ci sarebbe trippa democratica per gatti socialisti. E non mancano dirigenti che dicono all’orecchio del cronista: “Sandro Principe era sindaco nel 1980, sono passati 45 anni e ancora lui bisogna proporre? E quando la rinnoviamo la classe dirigente. Faccia il padre nobile della coalizione e si metta da parte”.
Opposizione netta a Principe anche da Avs, Rifondazione comunista e sinistra antagonista che hanno pochi numeri ma fanno parte del contesto. La destra a Rende sta cercando di capire come mascherarsi ma non manca chi vorrebbe sostenere Sandro Principe sotto spoglie civiche.
Una sciarada. Gioco enigmistico che scompone una parola. Quella chiave a Rende è Sandro Principe, che lunedì ritornerà probabilmente a candidarsi a sindaco. Eventualmente non mancheranno colpi di scena. (redazione@corrierecal.it)
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