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Cocaina tra Calabria e Sicilia: i carichi sul furgone, i viaggi sulla Giulietta e il ruolo del “capo-corriere”

Nel processo “Kynara”, mano pesante per il reggino Saverio Zoccoli, in grado di rapportarsi con «i capi di Catania» e consegnare i criptofonini

Pubblicato il: 22/03/2025 – 18:32
di Giorgio Curcio
Cocaina tra Calabria e Sicilia: i carichi sul furgone, i viaggi sulla Giulietta e il ruolo del “capo-corriere”

LAMEZIA TERME I viaggi dalla Calabria fino in Sicilia avvenivano con un furgone isotermico Ford. Poi, dopo aver traghettato, a Messina, avveniva il trasbordo della cocaina a bordo di un’Alfa Romeo “Giulietta” dove era stata lasciata parcheggiata e poi utilizzata per muoversi sul territorio siciliano fino al rientro. Qui, poi, avveniva il trasbordo del contante a bordo del furgone, per poi traghettare di nuovo verso la Calabria. Un modus operandi molto ben congeniato quello scoperto dalla Squadra Mobile di Catania con l’operazione “Kynara” che, a dicembre 2022, aveva portato all’arresto di 30 persone (23 in carcere e 7 ai domiciliari), facendo luce sul narcotraffico lungo l’asse Calabria-Sicilia.

L’organizzazione criminale

Un gruppo criminale molto ben organizzato e «articolato secondo moduli operativi consolidati», all’interno dei quali operavano i diversi sodali: chi con ruoli di vertice, altri con quella di “corrieri” deputati, quindi, al trasporto costante di droga e al prelievo dei soldi «muovendosi in prevalenza sull’asse Calabria-Sicilia», specialmente per la cocaina. C’erano, poi, quelli incaricati all’approvvigionamento e al rifornimento delle sostanze stupefacenti per le strutture interessate al commercio “al dettaglio” della droga, in rapporto con quanti si occupavano dello stoccaggio e del confezionamento. Infine, i sodali cui erano affidati compiti relativi prevalentemente alla gestione dei flussi finanziari e della “cassa comune”.  

I viaggi della droga

Nel corso del processo, è stato accertato come i calabresi, dopo l’arresto di Vincenzo Davì il 3 dicembre 2020, abbiano poi deciso di sostituire nell’attività di “corriere” Concetto Paolo Ficara con Saverio Zoccoli (cl. ’84) di Reggio Calabria. Quest’ultimo, condannato a 15 anni e 4 mesi di reclusione al termine del processo con rito abbreviato, avrebbe consegnato il primo carico di droga già il 14 dicembre 2020. A monitorarlo c’era la pg: l’uomo arriva a Catania, a bordo di Alfa Romeo “Giulietta”, scende dall’auto, recupera alcune casse di frutta impilate, contenenti i panetti di cocaina, lasciandole all’interno dell’abitazione di Musumeci. Zoccoli viene visto poi uscire con in mano le stesse cassette impilate contenenti, stavolta, mazzette di banconote consegnategli da Musumeci. Zoccoli, insieme ad un complice individuato poi in Paolo Nicita (condannato a 8 anni) e al figlio Giuseppe Zoccolo detto “Pe”, il 22 dicembre 2020 torna a Catania, a bordo della detta autovettura, per rifornire di cocaina alcuni trafficanti locali tra i quali ancora Sebastiano Fabio Musumeci. Poi, come ricostruito, i tre calabresi arrivano a Messina, in viale Giostra, e seguendo lo stesso copione recuperano le buste con il denaro, per poi parcheggiare l’autovettura e salire a bordo di un furgone Ford per traghettare verso la Calabria.

Non un semplice corriere

Secondo i giudici, però, Zoccoli non era «un mero corriere in sostituzione di quello compromesso». Nel corso del processo, infatti, sarebbe emerso come «non soltanto si avvalesse di altri “corrieri” calabresi per le trasferte in Sicilia come pure in altre parti del territorio nazionale, ma intrattenesse al contempo rapporti confidenziali con Alberto Bassetta» considerato l’organizzatore del sodalizio catanese un “comandante in seconda” e per questo condannato a 10 anni, ma anche con il suocero di quest’ultimo, il pentito Michele Vinciguerra, «capo e promotore della “frangia catanese” della consorteria», condannato a 16 anni e 4 mesi. Zoccoli, inoltre, «concordava le consegne della cocaina e, in caso di arresto di qualche suo “corriere”, anche come sostituirlo e come neutralizzare le indagini», scrivono i giudici nelle motivazioni. Poi, in seguito all’ennesimo arresto di un suo uomo di fiducia e sospettando anche di alcuni complici catanesi, «Zoccoli adotta unilateralmente misure “difensive”, come la disattivazione degli apparati telefonici criptati che lo stesso aveva fatto recapitare ai sodali della “frangia catanese”». (g.curcio@corrierecal.it)

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