RENDE «Aspettando Godot. Ovvero: la tragicommedia in due atti del Pd rendese». Senza mezzi termini, la pensa così un militante della sinistra cosentina di lunga data, Tonino Simone, ex tesserato dem e presidente dell’associazione Città & Futuro.
Secondo Simone, il 20 marzo, al San Francesco di Rende, «il Pd ha recitato la sua ennesima commedia elettorale alla rovescia, per le elezioni amministrative prossime venture a Rende. E l’ ha recitata nel peggiore dei modi che si potesse immaginare: sia per la scarsa partecipazione riscontrata dei suoi iscritti, sia come contenuti politici circostanziati, sia come proposta unitaria suggerita e da perseguire per la scelta del candidato a sindaco di Rende».
«Personalmente sono stato presente all’assemblea degli iscritti del mio ex partito, ed alla fine, devo amaramente dire ed ammettere che ne sono uscito allibito e non affatto soddisfatto. Perché si è percepita in modo chiara la difficoltà sia del segretario a mezzo servizio, che dei dirigenti presenti e muti, circa il fatto di proporre un percorso chiaro, credibile e fattibile da seguire in queste elezioni. Sicché, trovare il bandolo della matassa nel discorso del segretario mi è stato difficile e, talvolta, anche impossibile. Perché il discorso ha spaziato senza un filo logico e strutturato a temi stagni, comunque: varianti tra necessità di unità ed esclusioni, accenni di note programmatiche di una ovvietà disarmante ed, addirittura, difesa del partito nei nove anni di amministrazione Manna (vedasi l’intervento finale del consigliere Franchino). Addirittura, il segretario si è superato quando ha inteso criticare quel civismo con il quale il Pd, a Rende, ha condiviso spezzatini e merende di cattivo gusto amministrativo e processi di esclusione a prescindere dentro lo stesso Pd. Quasi – aggiunge Simone – come il Pd fosse stato nel governo della città, dall’altra parte della barricata. Ed ha omesso di dire che la totale assenza del partito in questa vigilia di elezioni amministrative ha costretto il pezzo diamantato di una sinistra forte e riformista rendese, come Sandro Principe, a candidarsi autonomamente e fuori da un contesto unitario. Contesto unitario mai realmente esistito e voluto, dallo stesso Pd: non solo locale ma, anche, provinciale e regionale».
«Verosimilmente, il Pd che venerdì sera è andato in onda è stato il peggior Pd che io ricordi. Perché è stato un Pd che si è voluto mascherare, con spregevole cinismo, di una sorta di buonismo fine a se stesso, nonostante il suo acclarato “inciucismo” con una destra becera con la quale ha condiviso un lungo percorso amministrativo e che oggi critica. Che ha consentito, con il suo beneplacito, che Manna governasse per distruggere la città; che ha portato il municipio ad essere sciolto per infiltrazione mafiosa; che ha impedito qualunque sana azione di democrazia compiuta dentro e fuori il partito. Peraltro, regolamentando i congressi cittadini alla stregua dei regimi di stampo libico, perché condotti e vinti solo in funzione di un portafoglio di tessere farlocche, dai detentori dello stesso miserabile portafoglio. Ad ogni modo, le elezioni amministrative sono alle porte e la scenografia di venerdì sera ha ricalcato per filo e per segno la crisi politica, organizzativa e ideologica di questo partito, sia il suo dramma esistenziale alla stregua della famosa opera teatrale di Samuel Beckett: “Aspettando Godot” e, per certi versi, anche l’eterna drammatica indecisione dell’asino di Buridano. Indecisione nello scegliere se prima mangiare la paglia, oppure bere l’acqua nel secchio. Fino a portarlo alla morte. Perché, questo partito, ha mostrato la stessa sindrome dei protagonisti delle due vicende. Ovvero: la sindrome dell’inconcludenza e del dramma esistenziale. Un partito senza idee e motivazioni, che aspetta che il tempo passa. Ed in questa attesa, specie come i due personaggi chiave della tragedia beckettiana Didi e Gogo, tenta di “cianfrusagliare” discorsi che non hanno né capo e né coda, aspettando Godot che non arriverà mai» conclude Simone.
Intanto dal fronte socialista parla Gianfranco Bonofiglio, giornalista e conoscitore delle dinamiche di oltre-Campagnano: «Principe vada avanti senza i partiti». «Per tanti anni militante socialista, dal 1985 al 1992 della direzione nazionale di giovani socialisti e sino al 2011 nel Nuovo Psi di De Michelis e Caldoro, dopo una breve esperienza nella Lega ma da sempre socialista e come tutti i socialisti, senza una casa politica, ritengo che Sandro Principe debba andare avanti e proporsi oltre i partiti – argomenta Bonofiglio – come fece Giacomo Mancini il lontano 1993 a Cosenza. La crisi dei partiti è evidente soprattutto nei territori ma oggi si esprime prevalentemente nel non voto. Sandro paradossalmente può essere il nuovo così come lo fu Mancini all’epoca. Vada oltre gli schemi di coalizioni che non hanno alcun rapporto con la gente. E rivendichi la sua storia socialista e riformista, che a Rende ma non solo ha determinato grandi fortune per l’Italia. Io credo che questo bipolarismo asfittico sia alla fine e che il futuro disegnerà nuove possibilità di partecipazione popolare. Principe non ha bisogno del centrosinistra per ridare smalto e prestigio a Rende».
Dubbi, speranze e motivazioni umane e politiche cui molto probabilmente lo stesso Principe darà una risposta già dopodomani pomeriggio, quando è prevista una sua comunicazione alla cittadinanza: l’ufficializzazione della candidatura? Nel caso, sarebbe anche una risposta al “niet” appena arrivato a mezzo intervista al Corriere della Calabria dal segretario provinciale del Pd Vittorio Pecoraro (redazione@corrierecal.it)
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