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Sull’importanza del voto a Lamezia e a Rende. E Pecoraro del Pd resuscita il fronte popolare francese del 1936

Sui troppi assolti nei maxiprocessi per mafia in Calabria e sui libri di scuola scritti da Lucio Villari

Pubblicato il: 22/03/2025 – 6:52
di Paride Leporace
Sull’importanza del voto a Lamezia e a Rende. E Pecoraro del Pd resuscita il fronte popolare francese del 1936

Le prossime elezioni amministrative di maggio in Calabria hanno due campi di rilevanza regionale pur con il rispetto che si deve agli altri Comuni dove si vota.
Campi centrali risultano essere Lamezia Terme e Rende, centri urbani che hanno un rilevante peso sulle future elezioni regionali per numero di votanti ma per questioni anche strettamente legate all’agenda e alle nomenclature della futura Regione. Si sono definiti gli schieramenti principali per Lamezia Terme.
Per il progressismo civico di centro sinistra torna in campo Doris Lo Moro con il peso di tutta la sua esperienza e conoscenza della città. Donna di ampie vedute, era il candidato naturale, ma alleati e Pd hanno passato mesi a sigillare la migliore offerta perdendo inutilmente tempo. Ma i partiti plurali hanno le loro giuste regole e quindi hanno dovuto consumare i passaggi.
Il centrodestra ha chiuso con il decisionismo che lo contraddistingue. Anche qui tra attese e tentennamenti la scelta è andata verso la candidatura dell’avvocato e docente universitario, Mario Murone. Esordio in politica ma alte competenze in termini di Diritto.
Nella sfida aleggia anche il confronto tra un ex magistrata di alta carriera e un avvocato che si ritiene figlio culturale di Carlo Taormina e che nell’ambito di grandi processi di rilevanza nazionale ha avversato le linee giustizialiste propugnate per esempio da Luigi De Magistris sia come magistrato che come politico.
Aspettiamo programmi e idee che possano risollevare Lamezia Terme trascinata nella polvere dall’amministrazione uscente del sindaco Mascaro che resta al palo.
Con lo stesso schema hanno ufficializzato il loro candidato a Rende i dirigenti del centrodestra regionale. Qui la scelta è andata verso un rappresentante di lungo corso del partito egemone meloniano. Si tratta di Marco Saverio Ghionna, affermato professionista e presidente dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Cosenza che sotto la sua gestione ha consentito di trasferire la sede al Centro storico bruzio.
Si riafferma la tendenza di Fdi come partito che tende a rinnovare la sua classe dirigente puntando su un cinquantenne che nella contesa adesso ha bisogno di farsi conoscere meglio dall’elettorato.
A Rende la questione è più complessa dall’altro lato. Tutti attendono l’annuncio ufficiale di Sandro Principe che dovrebbe arrivare lunedì prossimo in un incontro annunciato da diversi giorni. Due liste di stretta osservanza principiana con molti fedelissimi a sostegno, poi il redivivo Psdi di Saragat che rivendica la primigenia della candidatura e il Partito Socialista. Fuori contesto si aggiunge Italia del Meridione di Orlandino Greco, formazione leaderistica di stampo populista che si ricongiunge nell’alleanza per le recenti contese referendarie sull’area urbana.
E il Pd? Si è manifestato in presenza in un’assemblea di circolo giovedì scorso dove ha preso la parola il giovane segretario provinciale, Vittorio Pecoraro, che non ha indicato candidati ma ha proposto contro il civismo d’antan (“pretesto per trasversalismi e interesse di parte personali e familiari”) un Fronte popolare per Rende con tutte le forze moderate e civiche.
Apprezzo che il giovane segretario del Pd abbia conoscenze della Storia ai tempi del risorgere delle questioni di Ventotene, ma rifarsi ad un formula che in Francia vinse le elezioni nel lontano 1936 federando un blocco antifascista non mi sembra un’indovinata formula di marketing politico ai tempi del digitale postmoderno. Tra l’altro, Pecoraro affronta il caso del socialista Principe, padre fondatore della Rende moderna, affermando: “Guardiamo al presente, ho rispetto del passato ma costruiamo il futuro, Mitterand nel 1995 fece un passo indietro e non si candidò: qualcuno potrebbe fare lo stesso”.
Si potrebbe opporre il pensiero dello stesso Mitterand che ricordava che i politici nazionali non devono mai perdere il contatto con il proprio collegio elettorale, principio ben tenuto presente da Giacomo Mancini nel lontano 1993.
Il segretario provinciale del Pd se rompe con Principe e il Psi non agevola la strada di un’alternativa di centro sinistra alla Regione Calabria.

***

Duellano sulla Giustizia il magistrato calabrese Musolino e il ministro Nordio, si riducono le intercettazioni ai minimi termini, i desideri trumpiani di sottomettere il potere giudiziario a quello politico avanzano nel mondo ma nei tribunali di pari grado si registrano notizie che mi sento in dovere di porre in evidenza.
Ben tre imponenti processi denominati dai creativi magniloquenti giudiziari Maestrale, Imperium e Olimpo hanno prodotto delle prime sentenze da rito abbreviato. Ebbene l’avvocato Francesco Sabatino di Vibo Valentia condotto in carcere e ai domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa è stato assolto da tutte le accuse mentre il Pm aveva chiesto 8 anni e 9 mesi di dura reclusione. E non si tratta di una mosca bianca considerato che un altro avvocato, Giacomo Franzoni, con stessa richiesta pena per stesso reato, è finito assolto. A Pasquale Anastasi, uomo per tutte le stagioni alla Regione Calabria, leader maximo del Turismo, considerata la notorietà personale, dobbiamo riconoscere le pesanti ricadute del processo mediatico. Il traffico d’influenze aggravato da mafiosità non è stato rilevato dal Gup e l’alto burocrate è stato anche lui assolto. Chiude il lotto dei colletti bianchi eccellenti il sindacalista e consigliere provinciale Gianfranco La Torre di Ricadi riconosciuto innocente dalla vorticosa giostra giudiziaria che ne aveva chiesto condanna.
Ora io comprendo che l’ennesimo supermaxiprocesso antimafia registri 50 condanne a 434 anni di reclusione e un ergastolo per mafia, ma non possiamo dimenticare le 2 prescrizioni e soprattutto le 39 assoluzioni.
Un grande maestro ci insegna che le parole sono “cose”, non solo parole. Le ennesime 39 assoluzioni dei tre processi riunificati ci ricordano che 39 uomini sono stati schiacciati dalla legislazione d’emergenza. Ma sono proprio necessari tanti maxiprocessi con centinaia di imputati e con i titoli mediatici che per antica attitudine si soffermano sui colletti bianchi? Il reato associativo ha perso ogni controllo. Una questione che laicamente andrebbe seriamente affrontata da tutti.

***

Lucio Villari

Mi ha fatto piacere il ricordo social di molti calabresi per la scomparsa dello storico Lucio Villari a 91 anni originario di Bagnara Calabra, città che annovera due sorelle celebri cantanti e due fratelli storici di gran rilevanza. In verità, in molti, e anche qualche giornalone, hanno fatto confusione sui manuali di Storia firmati dal celebre intellettuale. Egli aveva scritto con il fratello Rosario, “La società nella storia. Corso di storia per la scuola media inferiore” pubblicato da Sansoni negli anni Settata ristampato per due decenni. Molti fanno confusione con il più diffuso manuale dei licei, pubblicato da Laterza per genio del solo fratello Rosario, figura meno mediatica di Lucio molto più propenso al salotto tv. Incorse nella gaffe anche il ministro Gasparri nel corso di un antico “Ballarò” quando allo storico rimproverava le tesi del manuale liceale e il divertito Lucio con un sorriso smagliante si limitava a rispondergli: “Quello l’ha scritto mio fratello” ma Gasparri non capiva o faceva finta di non capire.
Dovremmo recuperare il Lucio Villari del privato calabrese che con piacere tornava a Reggio Calabria, città dove aveva studiato e dove ha anche vergato al Castello aragonese l’epigrafe in ricordo di Garibaldi.
Da cinefilo mi piace ricordare quando volentieri si affidò all’amico Ettore Scola per interpretare sostanzialmente se stesso nel film “La terrazza”, monumento della commedia all’italiana su vizi e virtù degli intellettuali di sinistra.
Lucio Villari è stato un ironico illuminista come testimonia un aneddoto di Giorgio Dell’Arti che frequentandolo gli aveva chiesto: “Ma in che epoca ti sarebbe piaciuto vivere?” e lui “Durante la Rivoluzione francese”. Di rimando il giornalista disse: “E se ti tagliavano la testa?” “E chi se ne frega”.

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