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Il business diffuso della cosca Arena, da Isola a Bolzano: finanza, riti arcaici e armi. «La provincia criminale di Crotone è ancora operativa»

Curcio: «Dimostrata la capillarità della ‘ndrangheta». Per il procuratore di Trento «un onore lavorare con la Dda di Catanzaro»

Pubblicato il: 25/03/2025 – 11:56
Il business diffuso della cosca Arena, da Isola a Bolzano: finanza, riti arcaici e armi. «La provincia criminale di Crotone è ancora operativa»

CATANZARO Con il blitz di questa mattina «è stata colpita una consorteria di ‘ndrangheta storica come gli Arena di Isola Capo Rizzuto. La prima sentenza che li riguarda è antecedente addirittura a prima che fosse introdotto il 416 bis, il 1975». Così questa mattina, in conferenza stampa, il nuovo capo della Distrettuale antimafia di Catanzaro, il procuratore Salvatore Curcio, ha commentato l’operazione “Folgore-blizzard” portata a termine questa mattina, con l’arresto di 17 persone nel corso di un blitz condotto dai militari del Ros, con l’ausilio dei carabinieri del Comando provinciale di Crotone e dello Squadrone eliportato “Cacciatori”, hanno eseguito nelle aree di Crotone, Milano, Verona, Bolzano, Napoli, Perugia e Caltanissetta. Per Curcio si tratta, dunque, di «un’indagine importante perché dimostra ancora una volta la diffusione e la capillarità della ‘ndrangheta a livello nazionale e internazionale. Quella degli Arena, infatti, è una cosca sopravvissuta a due cruente guerre di ‘ndrangheta e, nonostante ciò, è riuscita sempre a rigenerarsi con l’unità con clan un tempo anche rivali».

Capomolla: «Locale fortemente infiltrato nel tessuto economico»

Si tratta di arresti avvenuti sulla scia «di altre operazioni della Dda, anzitutto “Johnny”, che fece luce su diverse articolazioni della cosca Arena e del locale di Isola», ha spiegato Vincenzo Capomolla, prossimo procuratore di Cosenza. «Accertato un particolare attivismo delle varie anime della cosca, con proiezioni anche al Nord. Quello di Isola, in particolare, è un locale di ‘ndrangheta fortemente infiltrato nel tessuto economico e imprenditoriale». Da Capomolla, poi, un ringraziamento anche alla Procura di Trento «che ci ha offerto spunti importanti su un soggetto riconducibile a una delle anime del locale, quella dei Manfredi». «Approfonditi equilibri nel locale, con qualche frizione ma con una sostanziale convergenza sui business, anche soprattutto in Trentino, Veneto e Lombardia, quindi abbiamo accertato un certo dinamismo non solo in Calabria».

«Un onore lavorare con la Dda di Catanzaro»

Presente in conferenza stampa anche Sandro Raimondi, procuratore di Trento. «Un onore lavorare con la Dda di Catanzaro, c’è stata un’ottima sinergia», ha detto. «Abbiamo scoperto alcuni aspetti finanziari della ‘ndrangheta e il reimpiego di proventi illeciti, possiamo dire che la ‘ndrangheta fa finanza creando società fantasma o false partite Iva. Abbiamo scoperto due anni fa la ‘ndrangheta a Trento, ora la scopriamo a Bolzano». Come raccontato dagli inquirenti di Trento – in collegamento – un episodio del blitz ha coinvolto un soggetto con una bambina di 5 anni, «che ad un certo punto si mette a giocare con un casco di carabiniere, a conferma della operatività dell’azione inquirente, ma sempre nel rispetto della umanità». «Abbiamo documentato come i proventi dei reati finanziari servivano anche anche per sostenere le famiglie dei detenuti e abbiamo accertato reati finanziari fino a 30 milioni di euro».

Riti di affiliazione

«Nel corso di questa inchiesta abbiamo individuato riti come quelli di Polsi per rafforzare unitarietà del locale, trovando un manoscritto sui rituali risalente al 1976», ha spiegato invece il colonnello D’Angelantonio del ROS. «È una ‘ndrangheta che sembra arcaica ma in realtà sviluppa iniziative imprenditoriali anche all’estero con complessi meccanismi di frode. Abbiamo scoperto un referente del locale a Milano per affari illeciti e una struttura di ‘ndrangheta chiamata “Lombardia” e una struttura sovraordinata che mette insieme tutte le organizzazioni criminali».
Nel corso delle indagini e delle perquisizioni, riscontrata una «grandissima presenza di armi e ricostruito il loro intenso utilizzo per esercitazioni e addestramento», ha spiegato Fasciani. Tra le altre attività della cosca «l’usura, con tassi stratosferici, 10% su base mensile e poi l’uso di cellulare anche ai detenuti in carcere. Da segnalare una estorsione nei confronti di un imprenditore che aveva ottenuto il pignoramento di un bene da un terzo e, per ottenerlo, si era rivolto ai vertici con minacce sempre più forti».
Per il comandante dei Carabinieri Raffaele Giovinazzo si tratta di «un’attività di indagine svolta attraverso un continuo coordinamento. Le armi sequestrate dimostrano che la provincia criminale di Crotone è pienamente operativa e che, sebbene ci sia pace, l’area di Isola Capo Rizzuto resta sempre una pentola a pressione». (c. a.)

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