MILANO «Il Milan sapeva, avevo rapporti con dirigenti e avvocati della società». È quanto avrebbe detto, in sintesi, il capo ultras del Milan Luca Lucci oggi durante la prima parte del suo esame nel processo alla curva sud di San Siro che si sta celebrando con rito abbreviato a porte chiuse davanti alla gup di Milano, Rossana Mongiardo, in aula bunker a San Vittore. Lucci, imputato come capo dell’associazione a delinquere contestata dai pm Paolo Storari e Sara Ombra nel tifo organizzato rossonero, del tentato omicidio di Enzo Anghinelli nel 2019 (che si è costituto parte civile, oltre a Milan, Lega Calcio e Verona Fiere nel filone sulla gestione dei parcheggi) e diversi altri reati, ha negato che la curva milanista sia un’organizzazione criminale pur riconoscendo un suo ruolo apicale. Si è detto stupito dalla costituzione di parte civile del Milan.
«La nostra attività era monitorata dalla società», il senso delle sue parole. Prima del suo esame, che riprenderà il 15 aprile, è stato sentito l’imputato Francesco Intagliata (45 anni) e ha rilasciato dichiarazioni spontanee il 40enne Matteo Norrito, entrambi finiti in carcere nella retata di squadra mobile e Gico della guardia di finanza del 30 settembre 2024 per l’inchiesta “Doppia Curva”. «Non ho mai fatto soldi con la curva – ha raccontato ancora Lucci – ma i soldi li ho fatti con affari illeciti che non c’entrano nulla, con la droga. Il fondo cassa della Sud è sempre stato gestito in modo trasparente, con la società e i dirigenti ho sempre avuto buoni rapporti e all’epoca andavo anche a casa di Berlusconi a parlare di calcio». (Ansa)
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