COSENZA Un anno di reclusione e interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela e alla curatela oltre che dai pubblici uffici, per la durata della pena, oltre al pagamento delle spese processuali: è la sentenza che il tribunale di Cosenza (pubblico ministero Antonio Bruno Tridico, giudice Alfredo Cosenza) ha emesso dei confronti di A. D., 55 anni, parroco di due centri della Valle del Savuto, accusato di violenza sessuale nei confronti di N. K., 32enne ucraina e in Italia con regolare permesso di soggiorno per protezione temporanea legata alla guerra in corso.
La donna, secondo l’accusa, due anni fa era stata palpeggiata dal parroco, che abbracciandola contro la sua volontà aveva anche tentato di baciarla, prima che lei, estetista a domicilio, si divincolasse e lasciasse la casa dell’uomo schivando anche un suo tentativo di farla rientrare dopo averla bloccata all’ingresso.
L’aggravante, per come si legge nella richiesta di rinvio a giudizio, è proprio quella di «aver commesso il fatto profittando di circostanze di tempo e di luogo, e in particolare avendo attirato la vittima, da sola, all’interno della sua abitazione con la scusa di sottoporsi al trattamento estetico di pedicure», trattamento che il parroco ha voluto si svolgesse senza altre persone per evitare «disagio» e «vergogna» ⎯ richiesta onorata dalla donna che aveva infatti lasciato in macchina il figlio maggiore con cui si era recata all’appuntamento.
All’interno dell’abitazione il tentativo di approccio. Di qui la denuncia-querela della donna, affidata ai carabinieri di Grimaldi con l’aiuto di una connazionale che conosceva la lingua. La 32enne, coi suoi due figli, si trovava in un centro del Cosentino per un progetto di accoglienza di cittadini ucraini nato in collaborazione tra la chiesa e il Comune, e abitava in una casa di proprietà della chiesa.
L’imputato aveva chiesto il rito abbreviato, discusso il 25 novembre 2024: in quell’occasione il giudice ha disposto una integrazione probatoria nominando un perito che ha tradotto una conversazione telefonica tra l’imputato e la persona offesa (la donna aveva registrato la chiamata): la trascrizione ha confermato che al telefono il prete le aveva chiesto insistentemente perdono, proponendosi per un eventuale sostegno e aiuto a cercare casa (la donna aveva risposto che, sebbene le servisse la residenza, non era per questo disponibile ad avere dei rapporti sessuali con lui) e inoltre, durante quella telefonata in viva voce durante la quale era presente anche un’altra donna, l’aveva pregato insistentemente di non parlare con nessuno di quanto era successo in casa, promettendole che non sarebbe mai andato da lei da solo e che sarebbero rimasti solo amici. Inoltre, elemento su cui puntano i legali della 32enne, dal parroco erano arrivate anche le richieste di perdono che non si giustificherebbero in alcun modo se non alla luce dell’azione posta in essere dall’uomo.
Gli avvocati della difesa dell’imputato erano Francesco Cribari e Pierfrancesco Fazzolari, quelle di parte civile Maria Rosaria Sanna, legale della donna, Marina Pasqua per il Centro contro la violenza alle donne “Roberta Lanzino” e Giuseppina Incutti per l’associazione Donne in Cammino. (euf)
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