COSENZA La periferia in passato era un concetto quasi esclusivamente geografico, necesario a definire i confini lontani dal centro abitato. La distanza dall’agglomerato urbano non era vissuta come emarginazione, isolamento, ma anzi come un vero privilegio. Gli anni ’80 hanno favorito un lento ma graduale processo di trasformazione antropologica e sociale di questi angoli di territorio urbano, modificandone l’identità. Oggi il termine periferia troppo spesso fa rima con degrado, abbandono, distanza. Una riflessione oggetto di un incontro organizzato a Cosenza dal movimento La Base, che ha visto, tra gli altri, anche la partecipazione di Monsignor Francesco Savino, Vescovo di Cassano allo Ionio.
Renzo Piano definisce la periferia «una fabbrica di idee, la città del futuro» e suggerisce di «intensificare i centri urbani, fecondando e fertilizzando le periferie». Una proposta evidentemente ignorata. «Il problema è, come dice Papa Francesco, che il centro si vede meglio dalle periferie. Ma le periferie vengono abbandonate, soprattutto dalle istituzioni, si corre il rischio di da vita a luoghi i cui padroni sono le organizzazioni malavitose che si servono di questo territorio, spacciano di tutto fino a renderli luoghi inabitabili», dice al Corriere della Calabria monsignor Savino. Che continua: «Sono luoghi teologici perché abbiamo la possibilità, come cristiani, di incontrare Gesù Cristo. Ecco perché occorre attivare processi di risurrezione, di emancipazione, di liberazione ma dobbiamo farlo». Il vescovo di Cassano allo Ionio, da Cosenza, lancia un allarme riferendosi all’emergenza abitativa, e quindi all’accesso al diritto di abitare, e sulla sanità. «C’è oggettivamente un impoverimento drammatico in Italia e soprattutto, direi, in Calabria vista e considerata come una periferia. Viviamo una profonda crisi abitativa, non si costruiscono più case popolari, non c’è più la possibilità di accedere agli alloggi e poi c’è un sistema sanitario che non va assolutamente. Sono dieci anni che sono in Calabria e il diritto alla salute è alienato». Cosa la preoccupa? «Lo dico con molta amarezza, lo dico come Vescovo e come pastore: il popolo dov’è? Ciò che mi preoccupa è l’addomesticamento, l’omologazione, l’appiattimento e la narcotizzazione della coscienza di tanti. E allora, come diceva Livatino, mi preoccupa soprattutto il silenzio degli onesti». Qual è la soluzione? «Forse dobbiamo mettere insieme la pedagogia di Lorenzo Milani, la visione profetica di Papa Francesco, rimettere al centro noi come cristiani e poi il Vangelo».
E’ la psicologa e attivista del movimento La Base, Vittoria Morrone, ad offrire – ai nostri microfoni – una profonda riflessione sulle periferie. «Cosenza è di per sé una periferia, come Calabria siamo una periferia di questo mondo, di questa Europa, di questa Italia. Ci sono condizioni di vita sempre più difficili, sempre più crudeli anche nel loro modo di esprimersi in un mondo sempre più privatizzato, lo vediamo a Cosenza con riferimento al sistema sanitario, all’educazione, al welfare: misure che potrebbero effettivamente garantire delle condizioni di parità non vengono assolutamente messe in campo e anzi vengono continuamente definanziate».
Nel corso dell’incontro organizzato nella città dei bruzi sono stati molteplici gli interrogativi sollevati dai relatori. «Dobbiamo chiederci quali siano le problematiche comuni che vivono i migranti, i poveri, i disoccupati, i precari, persone che devono lasciare questa terra e quelli che invece arrivano sperando in qualcosa di meglio», sostiene Morrone. La riflessione si sposta sull’emergenza abitativa. «Oggi assistiamo agli sgomberi o a delle minacce di sgombero delle occupazioni abitative di questa città dove vivevano più o meno 200-250 persone, tra cui tantissime donne e bambini che altrimenti non avrebbero un tetto sulla testa. E dall’altra parte, invece, le istituzioni “accolgono” i palazzinari, quelli che costruiscono senza un criterio, semplicemente per fare speculazione e questa è una grande contraddizione».
E’ una questione di diritti, come quello alla salute. «Sulla questione sanitaria, i finanziamenti non ci sono, il personale è risicato, il turnover bloccato da un sacco di anni». Sono tanti i giovani in difficoltà, disincantati e disorientati. Anche loro spesso affollano l’area degli emarginati e dei reietti. «E’ corretto parlare di alienazione rispetto alla vita, rispetto al nostro corpo, rispetto a tutto quello che è esistenza. Dobbiamo decidere se piegarci a questa situazione, accettando rassegnati un sistema economico che spinge alla disperazione e in alcuni casi ad un estremo gesto o se invece vogliamo parlare di come creare alternative e speranze in questo territorio e nel resto del Paese». (f.benincasa@corrierecal.it)
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