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‘Ndrangheta, i Lobello e l’imprenditore «intoccabile» vicino ai clan di Isola e Oppido a cui hanno confiscato tutto

La condanna definitiva risale al febbraio 2024 il cui appello è stato ritenuto «inammissibile» lo scorso ottobre

Pubblicato il: 31/03/2025 – 11:05
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, i Lobello e l’imprenditore «intoccabile» vicino ai clan di Isola e Oppido a cui hanno confiscato tutto

LAMEZIA TERME «Pur non facendone parte» avrebbero comunque favorito la ‘ndrangheta e, in particolare, il sodalizio degli Arena ma anche quelli riconducibili al clan Mazzagatti di Oppido Mamertina e a Nicolino Grande Aracri. Con queste accuse Antonio Lobello e i figli Giuseppe e Daniele erano già stati condannati in via definitiva un anno fa, con la Cassazione che aveva dichiarato inammissibili i ricorsi, confermando la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro nel marzo 2023.

La maxi-confisca

Oggi gli uomini della Guardia di Finanza di Catanzaro hanno confiscato ai tre Lobello beni per un valore complessivo di circa 160 milioni di euro, gran parte del patrimonio già sequestrato nel maggio 2021. Si tratta di: 79 unità immobiliari e 45 appezzamenti di terreno ubicati nei territori di Catanzaro, Simeri Crichi, Sersale, Soveria Simeri, Settingiano e Cirò Marina, 80 automezzi (tra autoveicoli e macchine operatrici), 43 rapporti bancari e polizze assicurative, quote sociali e complessi aziendali, tra i quali figurano un importante cantiere per la produzione del calcestruzzo, 7 società con sede a Catanzaro, Botricello, Simeri Crichi e Firenze operanti nel settore dell’edilizia pubblica e privata.

Il gruppo Lobello

I tre erano accusati di plurimi reati di intestazione fittizia di beni, realizzati attraverso un sistema di società, formalmente intestate a terzi, e tuttavia dagli stessi controllate e gestite, e ciò al fine di sottrarre il proprio patrimonio aziendale all’adozione di prevedibili misure di prevenzione antimafia. Accuse emerse nel corso dell’inchiesta “Coccodrillo” che, a marzo del 2021, aveva portato all’arresto di 10 persone e il sequestro preventivo di beni per un valore stimato di oltre 50 milioni di euro. Secondo gli inquirenti grazie ad un sistema di società, formalmente intestate a terzi ma gestite dai Lobello, avrebbero cercato di sottrarre il proprio patrimonio da possibili sequestri dopo che, tra l’altro, alcune loro società erano state attinte da interdittive antimafia emesse dalla Prefettura: Calbin srl, Cantieri edili – Iniziativa 83 srl e Strade Sud srl.

Pino «l’intoccabile»

Le sentenze avevano confermato il ruolo di Pino Lobello, imprenditore definito “intoccabile” che, muovendosi quale imprenditore edile titolare e amministratore di fatto delle imprese facenti capo alla famiglia Lobello – Strade Sud, Trivellazioni Speciali, Consorzio Stabile Zeus, Consorzio Stabile Genesi – faceva da intermediario tra i vertici della cosca Arena e alcuni imprenditori soggetti a estorsione per lavori nel Catanzarese, raccogliendo i ratei delle estorsioni e consegnandoli alle scadenze prestabilite ai vertici del clan, ciò allo scopo di evitare che la presenza di soggetti riconducibili al clan presso i cantieri potesse tirare l’attenzione delle forze dell’ordine, ottenendo allo stesso tempo, grazie al rapporto stretto con gli Arena, una posizione dominante nell’esecuzione di lavori edili su Catanzaro e la protezione da interferenze estorsive.

Le dichiarazioni di Gennaro Pulice

Ad “inchiodare” l’imprenditore Pino Lobello c’erano poi le dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia. Tra loro c’è Gennaro Pulice, storico esponente del clan di Lamezia Terme Iannazzo-Cannizzaro-Da Ponte e collaboratore ritenuto attendibile ormai da tempo. Gennaro Pulice ha parlato dei Lobello, di “Peppe” come gruppo imprenditoriale «gravitante attorno alla famiglia di ‘ndrangheta degli Arena di Isola Capo Rizzuto, Mazzagatti di Oppido Mamertina, vicino ad un altro imprenditore del clan Grande-Aracri, Romolo Villirillo, e agli imprenditore Gigliotti, referente dei Trapasso di San Leonardo di Cutro». «…comunque il complesso residenziale è “Paradiso”, c’è anche un Hotel. E lì tutti i lavori sono stati fatti dai Mazzagatti» racconta Pulice agli inquirenti, confermando poi come il materiale (il cemento) fosse stato fornito dai Lobello. «Guarda, stiamo facendo questi lavori e li stiamo facendo con Lobello. Adesso li stiamo facendo noi, quando poi Lobello fa i lavori verso magari Cutro, se la vede con quelli di Cutro, se li dovesse fare a Lametia se la vede…, era comunque un imprenditore». Questo il racconto di Pulice agli inquirenti, riferendo un discorso avuto proprio con un nipote della famiglia Mazzagatti. Lo stesso Pulice poi descrive i vantaggi e gli svantaggi degli imprenditori a “collaborare” con le cosche: «Ti faccio lavorare, perché sonò mi bruci l’escavatore e quindi in quel caso c’è lo svantaggio. In altri casi il vantaggio di ricevere il materiale a prezzi più bassi. Perché? Perché noi facevamo comunque i cosiddetti – noi li chiamavamo i paglioni – le cosiddette truffe e quindi avevamo poi il materiale a meta prezzo, serviva la fattura maggiorata. Quindi io ti do il materiale, non lo so, il materiale che costa venti te Io do a dieci, però ti faccio la fattura a venti, poi turni restituisci il contante. Cioè era tutto, comunque, un giro e una serie di vantaggi che poi uno ha. Ma io penso che l’imprenditore il vantaggio principale che ha è quello di, innanzitutto, di non avere problemi sui cantieri, nessuno, magari il balordo che gli va a rubare il gasolio piuttosto che gli va a rubare il legname piuttosto che il cantiere non ha… io non ho mai visto in Calabria un cantiere con la vigilanza». (g.curcio@corrierecal.it)

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