LAMEZIA TERME Per alcuni ristoratori in Germania utilizzare gli ingredienti italiani non era una scelta, ma una imposizione. Una strategia che non rispondeva alle leggi del mercato e alla passione tedesca per il “made in Italy” ma agli obblighi di alcuni appartenenti alla ‘ndrangheta che, dalle parti del land del Baden-Württemberg avevano messo le radici da molto tempo.
Vino, olio, formaggi e prodotti caseari in genere. E poi prosciutti ed insaccati, salsa di pomodoro ed altri prodotti per la preparazione ed il confezionamento della pizza: erano questi i prodotti che venivano importati in Germania in particolare dal gruppo di Cariati. È quanto hanno ricostruito gli inquirenti della Distrettuale antimafia di Catanzaro nel corso dell’operazione “Boreas” che, questa mattina, ha portato all’arresto di 29 soggetti tra Calabria e Germania. Venti solo in Italia, 13 dei quali finiti in carcere e 7 ai domiciliari.
Gli appartenenti alla ‘ndrina di Cariati, capeggiati da Giorgio Greco (cl. ’64) finito oggi in carcere, dunque, si sarebbe occupati di importare, distribuire e commercializzare in Germania generi alimentari italiani. Ma non solo: da alcune intercettazioni, sono convinti gli inquirenti, alcuni appartenenti avrebbero parlato anche della commercializzazione di pneumatici per autoveicoli. Secondo le risultanze investigative, la distribuzione dei prodotti in territorio tedesco veniva effettuata dietro disposizioni di Raffaele Talarico (cl. ’60) anche lui arrestato – almeno sino alla fine di agosto del 2021 – cioè fino a quando Talarico avrebbe lasciato la Germania per trasferirsi a Modena, «allontanandosi dalla gestione diretta, in loco, delle attività in territorio tedesco» e da un ristretto gruppo di persone, di cui, nel corso del tempo hanno fatto parte, tra gli altri, Fiorenzo Santoro, Gaetano Roberto Bruzzese e Cataldo Scilanga, tutti e tre finiti in carcere.
Secondo le indagini, i prodotti alimentare, una volta importanti, «venivano commercializzati sia attraverso il magazzino di Falkenstraße 12 a Fellbach, sia tramite la distribuzione diretta presso i ristoranti e le pizzerie della zona». In questo caso le indagini avrebbero dimostrato come «l’acquisto delle merci, in alcune circostanze, fosse di fatto imposto ai ristoratori che non si determinavano volontariamente», facendo leva sulla forza di intimidazione derivante dall’appartenenza dei “proponenti” alla criminalità organizzata, «con il rispetto di rigide competenze territoriali, evidentemente frutto di accordi con analoghe organizzazioni criminali». La merce veniva spedita a bordo di alcuni furgoni mentre per l’acquisto delle merci da distribuire, il cariatese si sarebbe avvalso della ditta riferibile a Fiorenzo Santoro, ma anche di altre società intestate ad altri “prestanome” incensurati o con continui cambi di società verosimilmente «funzionali ad evitare le conseguenze dei reati tributari commessi come l’evasione dell’IVA».
Da alcune intercettazioni, secondo l’accusa, sarebbero emerse le modalità fraudolente di «acquisto e gestione dei prodotti» ad opera di Talarico attraverso l’evasione dell’Iva alla ditta di Santoro. «(…) gli rimane un mille euro… millecinquecento euro di puliti e se li mette in tasca», dice lo stesso Fiorenzo a Roberto Bruzzese mentre i due, il 9 aprile 2021, si trovavano a bordo del Fiat Ducato utilizzato dal gruppo. Nel prosieguo del dialogo – osservano gli inquirenti della Dda – i due sarebbero scesi ancor di più nei particolari, spiegando come il gruppo di Fellbach, gestito da Raffaele Talarico, «per far quadrare i conti ed evitare il pagamento dell’IVA sui prodotti commercializzati, operava utilizzando due aziende, una di questa proprio a nome di Santoro». I due, Greco e Talarico, sempre secondo l’accusa, si sarebbero avvalsi dell’operato, tra gli altri, di Antonello Zavattini, già autista di “zio Raffaele” e factotum dell’organizzazione, e Antonino Perone detto “il ragioniere”, i quali «risultavano essere partecipi degli affari illeciti del sodalizio e ben consci del ruolo criminale dei suddetti quali vertici della ‘ndrina cariatese». (g.curcio@corrierecal.it)
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