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“Sistema Rende”, il nuovo giudizio d’appello. Le motivazioni dell’annullamento con rinvio della Cassazione

I giudici della Suprema Corte segnalano «una motivazione del tutto mancante o comunque apparente»

Pubblicato il: 01/04/2025 – 14:45
“Sistema Rende”, il nuovo giudizio d’appello. Le motivazioni dell’annullamento con rinvio della Cassazione

ROMA Sono state depositate le motivazioni relative alla decisione della Corte di Cassazione di annullare con rinvio ad altro giudizio in Appello la sentenza nei confronti dell’ex sindaco di Rende Sandro Principe, (difeso dai legali Franco Sammarco e Anna Spada), Umberto Bernaudo (difeso dall’avvocato Francesco Calabrò) Pietro Paolo Ruffolo (difeso dagli avvocati Franz Caruso e Francesco Tenuta), Giuseppe Gagliardi (difeso dall’avvocato Marco Amantea, tutti assolti in primo secondo grado, accogliendo, dunque, la richiesta avanzata dalla procura generale di Catanzaro.

L’inchiesta

Al centro dell’inchiesta “Sistema Rende” – firmata dall’allora sostituto procuratore della Dda di Catanzaro (oggi procuratore a Santa Maria Capua Vetere) Pierpaolo Bruni – erano finiti i presunti intrecci tra alcuni politici ed esponenti del clan Lanzino Ruà: in primo grado, il pubblico ministero, Pierpaolo Bruni al termine della requisitoria (da oltre 500 pagine) e di un lungo processo aveva invocato pene severe per gli imputati (LEGGI QUI), ma il tribunale di Cosenza nel maggio del 2022 aveva assolto tutti. Stessa decisione replicata anche nel processo celebrato in Corte d’appello a Catanzaro.

Il processo

Le fonti di prova a carico degli imputati, giudicate insufficienti a sostenere il giudizio di responsabilità nella sentenza di primo grado, «erano state essenzialmente dichiarazioni di collaboratori di giustizia, dichiarazioni di testimoni e conversazioni intercettate». Come ricostruiscono i giudici, «il processo era stato caratterizzato anche dalla ritrattazione da parte di diversi testimoni rispetto alle dichiarazioni rese in fase di indagini preliminari. A fronte della pronuncia di assoluzione in primo grado il pubblico ministero aveva proposto appello». Il pm aveva concluso chiedendo «la responsabilità penale degli imputati con conseguente condanna alla pena ritenuta di giustizia».

I motivi dell’annullamento

Per i giudici della Suprema Corte, «dalla motivazione della sentenza impugnata non si comprende neanche se l’atto di appello sia stato ritenuto inammissibile o infondato, perché l’affermazione originaria sulla inidoneità dell’atto di appello ad incardinare la competenza del giudice di secondo grado è smentita dalle conclusioni della sentenza impugnata, che, dopo aver già rettificato una prima volta l’affermazione e precisato che “il gravame del pm è per certi profili inammissibile e per altri infondato” conclude nel senso che “la giustificazione del provvedimento impugnato risulta sui punti lamentati priva di salti logici o incongruenze, apprezzabili ed idonee ad invalidare il costrutto delle argomentazioni svolte nel coerente apprezzamento di tutte le risultanze processuali”, ovvero con una motivazione che è coerente con una decisione di infondatezza del ricorso, non di quella di inammissibilità».
In definitiva, «la sentenza impugnata è totalmente priva di passaggi in cui sia stata svolta quella attività controargomentativa che caratterizza il lavoro del giudice di merito dell’impugnazione quando respinge o dichiara inammissibile un appello o un ricorso». Per i giudici di Cassazione «la Corte di appello di Catanzaro si è, infatti, limitata ad affermare di condividere la sentenza di primo grado senza confutare in alcun modo le ragioni esposte nell’atto di appello». Il risultato, secondo la Suprema Corte è «una motivazione del tutto mancante o comunque apparente». (f.b.)

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