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l’inchiesta

La cocaina dalla Colombia nel carico di banane: la trattativa con il “Clan del Golfo” e i contatti di Giuseppe Nirta ad Anversa

Ricostruita la trattativa per l’acquisto di un carico di 35kg eseguita sul posto. Dalla preparazione direttamente nella piantagione alla spedizione

Pubblicato il: 02/04/2025 – 7:00
di Giorgio Curcio
La cocaina dalla Colombia nel carico di banane: la trattativa con il “Clan del Golfo” e i contatti di Giuseppe Nirta ad Anversa

LAMEZIA TERME Come in una chat di calcetto o di ex compagni di classe, solo che il contenuto dei messaggi non era riferito all’organizzazione di una partitella o di una rimpatriata, ma all’acquisto di una grossa partita di cocaina. Paese di origine? La Colombia. Proprio il paese sudamericano al centro di una recente inchiesta di cui si è occupato il Corriere della Calabria, partendo dall’arresto di Ronald Fernando Acosta Cuesta alias “Rony”, soggetto con un curriculum criminale di «oltre 19 anni al servizio del narcotraffico» e al servizio della ‘ndrangheta, «trasportando cocaina tra la Calabria e Milano». È qui in Colombia che la ‘ndrangheta e le mafie italiane in generale, per avere successo, si sono impegnate a stabilire forti legami con i partner locali, stabilendo legami con il “clan del Golfo” e “Los Costeños”, due delle strutture criminali più attive.

Twistlock

Gli inquirenti della Distrettuale antimafia di Brescia con l’inchiesta “Twistlock”, che ha portato all’arresto di 42 persone, sono convinti di aver ricostruito le fasi di una trattativa legata all’acquisto di un carico da 35 kg di cocaina. Ad occuparsene sarebbero stati Maryis Paola Perez Salcedo (cl. ’86), il marito Dario Bovengo (cl. ’68), Hassan El Janati (cl. ’89) e Mouhcine El Janati (cl. ’89) e il calabrese Giuseppe Nirta (cl. ’88), tutti finiti in carcere.
Attraverso la decriptazione di una chat dalla piattaforma SkyEcc gli inquirenti della Dda di Brescia sono quindi riusciti a ricostruirne tutte le fasi. E, soprattutto, capire con quali soggetti il gruppo investigato fosse in contatto.



La trattativa con il “Clan del Golfo”

«Del clan del golfo. Con tonnellate di merce. Il clan quello che comanda qui…». Dall’analisi della chat sulla piattaforma crittografata SkyEcc, infatti, gli inquirenti ricostruiscono il ruolo di Maryis Paola Perez Salcedo, già a Barranquilla (in Colombia) a partire dal 16 novembre 2020. E, dal contenuto dei messaggi, si intuisce che in mezzo all’affare c’era il temuto “Clan del Golfo”, una delle strutture criminali più potenti operative in Colombia e attive sulla costa del paese caraibico, a tutti gli effetti un’organizzazione paramilitare impegnata nel narcotraffico. E non è un caso se, nel corso delle conversazioni Maryis Paola Perez Salcedo spiegava di essere in contatto, sul posto, con un tale che veniva denominato “generale”. «Il generale è per tutto». Perez Salcedo, oltre ad aver chiesto a Giuseppe Nirta garanzie sullo scarico dello stupefacente nel porto di Anversa, aveva evidenziato anche alcune “problematiche” non meglio specificate con i fornitori colombiani legate all’investimento che questi ultimi non avrebbero voluto fare. «Dicono quelli della salita in Colombia che caricano la roba che per le prime volte loro no investono» spiegava in chat Nirta, «bisogna stare calmi e avere pazienza un momento» replicava Bovengo. A parte alcune logiche difficoltà, dal contante alle modalità di scarico, e soprattutto a questioni di “fiducia”, nel corso della chat il gruppo ha spiegato anche in che modo la cocaina sarebbe arrivata in Europa dalla Colombia.

Nascondere la cocaina in un carico di banane

L’intenzione dei trafficanti, infatti, era quella di nascondere la sostanza in un carico di banane, Nirta invece chiedeva se fosse possibile occultarla nei motori della nave. L’ultima soluzione, però, non convinceva né Bovengo né la moglie, i quali si mostravano a conoscenza di episodi di furti di cocaina nel porto di Panama, occultata proprio nei motori. «Loro pensano metterlo in freddo sulle scatole di banane» scrive in chat Perez Salcedo. Poi, in serata, la spiegazione: la cocaina sarebbe stata occultata, in sua presenza, in scatole contenenti banane nel corso di una operazione che sarebbe stata effettuata proprio nell’azienda del proprietario della piantagione. Successivamente, sempre in sua presenza, le scatole sarebbero state inviate al porto per essere imbarcate nei container. «Qualcuno dovrà essere lì e guardare fare delle foto/video così vedere tutta la procedura di tutto quello che verrà fatto» scrive la colombiana in chat, «tutto questo si farà in azienda del proprietario della piantagione di banane, una volta terminato il confezionamento il container verrà inviato al porto dove verrà successivamente posizionato sulla nave». La nave container sarebbe salpata dal porto di Santa Marta per arrivare fino a quello di Anversa. «Il generale lavora a quel porto / Dobbiamo x forza lavorare da lì» scrive in chat Bovengo. Perez Salcedo, dopo il sopralluogo effettuato con il “generale”, confermava in chat che «la cocaina sarebbe stata occultata nelle scatole di banane e che sarebbe giunta al “gate” del porto di Anversa indicato da Giuseppe Nirta».

3.500 euro al chilo

«Ciao a tutti belli e brutti allora ora spiego la situazione così e chiaro X tutti stiamo aspettando l’informazione ma purtroppo come spiegavo già da prima se non c’è l’ha uno di noi le cose fanno a rilento ma x chi non conosce quei posti non può capirlo la mia idea è che ci vediamo quando torna bailes (l’alias di Nirta ndr) parleremo di come si fa la cosa X ora aspettiamo la risposta della lista».  Lo scarico della cocaina veniva programmato al “gate” 1700 del porto di Anversa, dove Giuseppe Nirta detto “Bailes”, aveva i contatti di coloro che si sarebbero occupati delle operazioni di scarico dello stupefacente il cui prezzo, nel frattempo, veniva fissato in 3.500 al Kg complessivi, di cui 1.500 euro per la vendita della sostanza e 2.000 euro per il trasporto e la logistica. «La cucina ci costa più o meno 1500€ al k / La logistica il trasporto e la polizia 2000€ al k / Ragazzi bisogna arrivare a 50» scriveva in chat Bovengo. (g.curcio@corrierecal.it)

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