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Neonata rapita a Cosenza, la clinica: «Colpa della madre». Penna: «Falle nel sistema dal 2016»

La battaglia per la vicenda della piccola Sofia. La legale: «Mi sembra di ascoltare chi accusava le donne vittime di violenza sessuale»

Pubblicato il: 02/04/2025 – 16:33
Neonata rapita a Cosenza, la clinica: «Colpa della madre». Penna: «Falle nel sistema dal 2016»

COSENZA La vicenda della neonata rapita a Cosenza lo scorso 21 gennaio e ritrovata dopo poche ore dai carabinieri, si sta trasformando in una dura battaglia legale. Da una parte la clinica privata Sacro Cuore in cui si è verificato l’episodio, dall’altra la famiglia della piccola Sofia attraverso la voce dell’avvocato Chiara Penna. Uno scontro che stride con le immagini apparentemente distese e conciliatorie, nel giorno delle dimissioni di Valeria Chiappetta, la mamma della bambina. In quella circostanza, ripresi anche dai media nazionali che in quei giorni erano scesi a Cosenza per seguire il caso, i titolari della clinica Sacro Cuore avevano voluto accompagnare la giovane madre e la neonata verso l’esterno della struttura sanitaria. Oggi gli avvocati della struttura privata hanno replicato alla diffida presentata dai genitori della bambina, secondo i quali ci sarebbe stata una leggerezza nei sistemi di controllo nei reparti, affermando che sarebbe stata la madre a consegnare la neonata alla donna indagata.

«La bimba consegnata dalla mamma»

«La struttura sanitaria – viene evidenziato dagli avvocati della clinica – ha attuato tutti i protocolli operativi idonei a tutelare la sicurezza dei pazienti, tanto più che la signora Chiappetta, all’atto dell’ingresso in struttura, era stata debitamente istruita e resa edotta dalle operatrici, circa la necessità di rivolgersi, in via esclusiva e per qualsivoglia necessità, alla puericultrice assegnata, riconoscibile attraverso divisa e cartellino con foto identificativa, oltre che al personale medico sanitario di riferimento che le veniva puntualmente palesato, del resto coerentemente con gli avvisi presenti all’interno degli ambienti di ricovero». «Nello specifico – aggiungono gli avvocati – costituisce dato inconfutabile la corretta applicazione del protocollo procedurale ad inizio turno che comporta, tra l’altro, la presentazione delle operatrici nelle stanze delle puerpere ad ogni cambio turno, al fine di rendere compiuta informazione circa i servizi offerti quali: aiuto all’igiene dei bimbi, supporto all’alimentazione, consigli pratici sull’allattamento e sull’interpretazione dei bisogni del neonato, collaborazione in sinergia con i pediatri e i psicologi e gli altri specialisti della struttura per monitorare la salute e lo sviluppo del bambino, onde assicurare la massima interlocuzione tra paziente e struttura ed un tempestivo intervento in base alle contingenti necessità. Proprio in tale contesto operativo, sono per l’appunto le puericultrici, in simbiosi con le altre figure medico sanitarie, ad informare le puerpere ed i familiari più stretti presenti in accompagnamento, che per qualsiasi esigenza devono rivolgersi solo agli operatori sanitari della clinica, tutti agevolmente identificabili per i segni distintivi che portano indosso». «La circostanza di cui sopra – evidenziano sempre gli avvocati della clinica – non è minimamente revocabile in dubbio, non soltanto perché altre pazienti presenti in struttura nelle stesse circostanze di tempo e di luogo hanno puntualmente confermato l’esistenza di protocolli operativi, alle quali, tra l’altro, le puerpere stesse si sono diligentemente uniformate impedendo che l’autrice del gesto criminoso potesse impossessarsi di altri neonati, pur avendo tentato di farlo ma essendo stata immediatamente respinta dalle interessate, ma anche e soprattutto perché gli stessi stretti congiunti della signora Chiappetta si erano ben avveduti della non appartenenza della rapitrice al personale sanitario esprimendo sospetto ed iniziale dissenso circa l’opportunità di consegnare la bambina alla persona che si era malevolmente offerta di prestare assistenza». «In ossequio ad esigenze di corretta e leale ricostruzione dei fatti, proprio la vostra assistita – rilevano ancora i legali rivolgendosi all’avvocato di Valeria Chiappetta – avrebbe dovuto riferirvi, infatti, che la di lei genitrice si era fortemente insospettita alla richiesta della rapitrice, e pur tuttavia la puerpera consegnava ugualmente ed incautamente la piccola alla signora Rosa Vespa (la presunta rapitrice, ndr), sebbene fosse ictu oculi riconoscibile con l’ordinaria avvedutezza che la figura che le si era presentata in stanza non presentava alcun segno che ne potesse ricondurre l’appartenenza al personale di struttura. Il dato di cui sopra è ampiamente conclamato, non solo perché raccolto nell’immediatezza da tutti gli operatori della clinica presenti, quanto più in considerazione delle dichiarazioni rese anche agli organi di informazione, nell’immediatezza, proprio dagli interessati; dichiarazioni che non lasciano ombra di dubbio alcuno in ordine al fatto che la madre della puerpera Vs assistita si fosse ben avveduta che la sedicente operatrice di struttura tale non potesse essere, a cagione dell’assenza di segni distintivi». «Tra l’altro, la circostanza che si versasse in quel momento nella fascia oraria di visita che favoriva l’accesso di terzi dall’esterno, avrebbe ancor di più dovuto elevare il livello di cautela della puerpera alla quale, inequivocabilmente, va ascritto l’incauto ed avventato contegno che costituisce l’antefatto essenziale alla perpetrazione del reato e che, che proprio in punto di diritto, rappresenta sotto il profilo eziologico l’unico vero contributo colposo che abbia potuto agevolare la perpetrazione del deprecabile atto criminoso da parte della responsabile. Semmai, proprio grazie ai potenti ed efficaci sistemi di videosorveglianza installati all’interno della struttura – evidenziano gli avvocati della struttura sanitaria – è stato possibile individuare in modo tempestivo gli autori del reato e consentirne alle forze dell’ordine l’intervento in tempi estremamente rapidi ai fini dell’arresto, con il conseguente ritrovamento della piccola che, lungi dal potersi definire “miracoloso” per come si legge nella vostra missiva, quasi a voler evocare una fortunosa casualità dell’evento ovvero un contributo di segno soprannaturale, costituisce di contro la diretta ed immediata conseguenza non soltanto dell’efficacia degli strumenti di sicurezza approntati dalla clinica al suo interno, quand’anche del prontissima e qualificata sinergia operativa attivata in tempi strettissimi dallo staff di struttura con le forze dell’ordine».

La risposta dell’avvocato Chiara Penna

«Quella dei legali del Sacro Cuore – afferma al Corriere della Calabria Chiara Penna, avvocato di Valeria Chiappetta – è una risposta alla nostra diffida che ci è pervenuta a febbraio. Singolare che esca proprio adesso, dopo la nostra querela. Noi abbiamo formalizzato la denuncia nei confronti della clinica in questi giorni. Abbiamo raccolto materiale di indagine difensiva, anche documentale e video, che dimostra come le falle al sistema di vigilanza e di sicurezza siano una prassi consolidata almeno dal 2016. Per il resto vedremo nelle sedi competenti, nel merito della questione entreremo in tribunale, eventualmente sia in sede civile che penale». «Sono amareggiata – conclude Chiara Penna – perché mi sembra di ascoltare chi accusava le donne vittime di violenza sessuale di avere la gonna troppo corta o di uscire la sera tardi. L’impostazione mi sembra questa». (f.v.)

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