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La lotta alla ‘ndrangheta si sposta sul web. «L’incrocio di dati tramite Ai per analizzare le relazioni criminali»

Il procuratore Giovanni Bombardieri: «Attenzione alle “allucinazioni”, l’intelligenza artificiale può restituire dati falsati»

Pubblicato il: 03/04/2025 – 7:00
di Fabio Benincasa
La lotta alla ‘ndrangheta si sposta sul web. «L’incrocio di dati tramite Ai per analizzare le relazioni criminali»

RENDE Il procuratore di Torino, Giovanni Bombardieri, torna – per un giorno – in Calabria e partecipa ad un evento realizzato in sinergia tra Università della Calabria e Guardia di Finanza per approfondire le tecniche di utilizzo dell’Intelligenza artificiale e sostenere la formazione di chi è chiamato quotidianamente a fronteggiare l’esercito del male.
La lotta al crimine si è spostata sul web, la rete nasconde frodi pericolose e remunerative (per chi le realizza), investimenti mascherati, vendite fittizie, ma anche lo spaccio di droga corre sui social e nel deep web. Insomma, un mondo parallelo a quello reale “governato” da regole non scritte e che consente una sostanziale libertà di manovra che rende difficile il compito degli investigatori impegnati ad intercettare le intenzioni e i piani criminosi dei malandrini. Come da prassi, laddove si muovono i danari arrivano i tentacoli della ‘ndrangheta: al passo con le evoluzioni tecnologiche e in grado di sfruttarle per riciclare il denaro sporco o per rimpolpare l’esercito di hacker a disposizione. Sul punto, la posizione dell’ex procuratore della Dda di Reggio Calabria è netta: «L’importante è governare l’intelligenza artificiale».

«L’incrocio di dati tramite Ai per analizzare le relazioni criminali»

«Le organizzazioni criminali utilizzano l’intelligenza artificiale per tutta una serie di crimini, nel cybercrime, nel riciclaggio e nel frazionamento dei flussi finanziari anche addirittura nell’elaborazione dei dati per le rotte del narcotraffico», dice Bombardieri. Motivo per il quale l’utilizzo dell’Ai diventa necessario già nel durante la fase di indagine. «E’ uno strumento investigativo molto importante perché consente di trattare e di elaborare una quantità di dati che altrimenti richiederebbero anni. A Torino, ad esempio, abbiamo un protocollo con il Consorzio interuniversitario nazionale per l’informatica per verificare come applicare in maniera utile l’intelligenza artificiale all’interno di un procedimento penale».
Il progetto è agli albori. «Si tratta naturalmente di un momento di sperimentazione quindi parliamo di procedimenti già pubblici che mettono insieme i dati investigativi con i dati delle fonti aperte e questo consente di valutare tutte le possibili relazioni che ci possono essere fra soggetti, fra fatti che possono essere ricondotti a vicende criminali. Questa è una grande possibilità di utilizzazione».
C’è un pericolo difficile, almeno per il momento, da arginare. «Sono le cosiddette “allucinazioni“, cioè la possibilità che l’intelligenza artificiale offra a dati falsati, dati non corrispondenti al vero, anche nella creazione di collegamenti fra persone. Ma questo non significa che non bisogna utilizzarla ma che bisogna governarla attraverso una verifica umana di tutti i risultati dell’elaborazione». Serve, dunque, un esame attento del sistema di elaborazione dei dati e di conseguenza un impegno costante e quotidiano nella formazione. «E’ un mondo aperto che richiede l’attenzione e la cooperazione interistituzionale di tutti gli organismi che si occupano di questo settore». (f.benincasa@corrierecal.it)

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