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‘Ndrangheta a Cosenza, le rivelazioni dei pentiti e la trappola mortale organizzata per uccidere Massimo Speranza

La Dia ha ricostruito i dettagli dell’omicidio compiuto in un momento di “fibrallazione”. Il corpo sepolto dalla calce e la verità nascosta

Pubblicato il: 03/04/2025 – 16:02
‘Ndrangheta a Cosenza, le rivelazioni dei pentiti e la trappola mortale organizzata per uccidere Massimo Speranza

COSENZA Franco Bruzzese, tra i fondatori del gruppo degli “Zingari” di Cosenza, si è pentito nel 2013 dopo una lunga carriera spesa nella galassia criminale bruzia, nel 2000 gli sono state conferite la “prima”, la “seconda” e la “terza” dote di ‘ndrangheta nel carcere di Cosenza. In una delle udienze del processo scaturito dall’inchiesta denominata “Reset“, coordinata dalla Dda di Catanzaro contro la ‘ndrangheta cosentina: Bruzzese rivela un dettaglio prezioso sulla morte di Massimo Speranza, conosciuto negli ambienti criminali come “il Brasiliano”, ucciso nel settembre del 2001.
E’ il 23 maggio 2024, quando in videocollegamento dal sito riservato, il pentito riporta indietro la memoria. Si parla della famiglia Abbruzzese “Banana” di Cosenza e il collaboratore di giustizia si sofferma sui fratelli “Banana” en passant lascia cadere un dettaglio rilevante. Bruzzese riferisce, infatti, dei rapporti con i fratelli «Luigi e Marco Abbruzzese e di Claudio e Franco Abbruzzese alias “Brezza“. Con quest’ultimo, il collaboratore di giustizia asserisce di non aver avuto rapporti, ma aggiunge un dettaglio rilevante. «So che ha portato Massimo Speranza a Cassano allo Jonio e poi è stato ucciso».

Dalle confessioni alle indagini

Questa mattina, gli uomini della Direzione Investigativa antimafia di Catanzaro guidati da Beniamino Fazio, coordinati dalla Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Salvatore Curcio, hanno eseguito 5 misure cautelari nei confronti di persone ritenute a vario titolo responsabili, in qualità di mandanti ed esecutori, dell’omicidio di Speranza. Si tratta di Armando Abbruzzese, Giovanni Abbruzzese (detenuto a Rebibbia), Fioravante Abbruzzese “Banana”, Luigi Bevilacqua.
Oltre a Franco Bruzzese, altri collaboratori di giustizia hano fornito preziosi dettagli sul delitto. Chi indaga è convinto che il momento di forte fibrillazione tra clan abbia portato alla decisione di condannare a morte la giovanissima vittima. Per alcuni una “spia”. Ecco perché Speranza è stato attratto in una trappola, convinto dai suoi aguzzini a partecipare ad una riunione legato ad una partita di sostanza stupefacente. L’inganno ha condotto il giovane alla morte: da Cosenza a Lauropoli, la vittima è stata condotta ad Apollinara e poi a San Demetrio Corone. Nel comune Arbëreshë del Cosentino, secondo quanto ricostruito dalle indagini, è stato raggiunto da alcuni colpi di arma da fuoco, uno dei quali alla testa. Il cadavere è stato occultato, seguendo le classiche modalità: ricoperto con della calce.

I collegamenti con la strage di Via Popilia

Nel ricostruire le fasi del delitto, gli investigatori cristallizzano una serie di eventi criminosi verificatisi in quel particolare momento vissuto nel contesto criminale del Cosentino. Il riferimento è al duplice omicidio Tucci-Chiodo, una esecuzione decisa nel mezzo degli attriti esistenti tra il gruppo dei nomadi e quello degli “Italiani”. Gli “Zingari” avevano deciso di estendere le attività illecite e oltre al traffico di droga cercavano di accaparrarsi anche il business delle estorsioni. Benito Chiodo avrebbe violato i patti di una presunta alleanza e lo “sgarro” l’avrebbe pagato con la vita, Tucci invece si sarebbe trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato cadendo sotto i colpi mortali dei killer. (f.b.)

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