Confucio nacque in Cina il 28 settembre 551 A.C. ,secondo il calendario occidentale, nella città di Qufu, che al tempo contava circa 60.000 abitanti. Essa si trovava nello Stato di Lu, corrisponde all’attuale Provincia di Shandong.
I suoi genitori erano Kong He, proveniente da una famiglia aristocratica decaduta, che aveva abbracciato la carriera militare, e Yan Zhengzai, una donna di umili origini, ma dalla forte personalità, che educò praticamente da sola il piccolo, poiché il padre morì quando il bambino aveva solo tre anni.
Quando i missionari Gesuiti, che nel XVI secolo approdarono in Cina, sentirono parlare con grande rispetto e ammirazione dell’antico e venerabile Filosofo “Kong Fuzi”, (ossia “Maestro Kong”), latinizzarono il nome in “Confucio”. E così è giunto ai giorni nostri.
In realtà il suo vero nome era “Kong”, ossia il cognome di famiglia, e Qiu, il nome proprio. Comunque sia, dai tre anni in avanti, la vita del piccolo Confucio fu tutt’altro che facile. Infatti la madre Yan Zhengzai, dopo aver venduto le oramai poche terre rimaste ed alcuni beni di valore di famiglia, mantenne solo la ricca biblioteca con decine e decine di “libri”, che sia gli avi che lo stesso Kong He avevano costituito.
A questo ricco contenitore di sapere, sia da piccolo che da adolescente, Kong Qiu attinse a piene mani, acquisendo un bagaglio di conoscenze, che ben pochi, quando Confucio aveva ancora 16 anni, possedevano non solo a Qufu, ma in tutto l’intero Stato di Lu. Naturalmente quando si parla di ‘libri’, non bisogna rappresentarseli come quelli di oggi.
Essi erano costituiti da listelli di legno o di bambù, ed i caratteri venivano scritti con inchiostro, legando poi tali listelli con cordicelle per formare un ‘libro’. In alternativa si scriveva anche su seta, ma essendo un materiale molto costoso era usata solo per testi importanti. I caratteri erano tracciati in colonne verticali, dall’alto verso il basso, e queste colonne si susseguivano da destra a sinistra. Naturalmente ogni “copia” era unica, e decisamente costosa.
Comunque sia, il problema impellente dell’adolescente Kong Qiu non erano certo i “libri”, ma trovare un attività, anche malpagata che gli consentisse di mantenere sé e la madre. Infatti lavorò prima come responsabile di granai, occupandosi della gestione e conservazione di questo cereale e in una fase successiva della sua gioventù, fu “assunto” per prendersi cura degli animali, cavalli, giovenche o buoi che fossero.
In questo periodo strinse amicizia con un ragazzo di poco più grande di lui, di nome Li Wei, il quale era ammirato dalle molte conoscenze e precetti del giovane Confucio e non avrebbe smesso mai di ascoltarlo, facendosi così una originale “istruzione da bovaro”. Cresciuto di qualche anno, Kong Qiu riuscì a diventare un funzionario dello Stato di Lu, occupandosi di amministrazione della bassa giustizia e della supervisione dei lavori pubblici.
Questa attività, oltre a garantire un dignitoso mantenimento della madre, gli permise pure di sposarsi intorno ai 19 anni, come era costume dell’epoca, ma pur non avendo notizie storiche sul nome della moglie, si sa che ebbe un figlio, a cui fu dato nome Kong Lì, che in età adulta intraprese la carriera militare. Ma la corruzione diffusa di cui fece pluriennale esperienza Confucio nel suo ruolo di funzionario pubblico, ed il fatto che i suoi consigli per un buongoverno fossero sistematicamente rigettati, lo convinsero ad abbandonare questa attività per dedicarsi ad un’altra a lui più congeniale.
Fu così, che in età matura, oramai noto come Filosofo e Sapiente, Kong Qiu decise di abbandonare la carriera di funzionario e di dedicarsi all’insegnamento. Dapprima fu una attività itinerante in tutto lo Stato di Lu, che raccolse numerosissimi discepoli, i quali, essendo morta Yan Zhengza, provvedevano con larghezza al suo sostentamento e annotavano con accuratezza i discorsi e le massime dell’ormai “Maestro Kong”.
Intorno ai 50 anni Confucio aprì infine una vera e propria “Scuola” nella città natale di Qufu, raccogliendo ulteriori discepoli, che nel corso della sua lunga vita, sembrano abbiano raggiunto il numero di 3000, di cui 72 sono considerati i seguaci più stretti.
Questi ultimi, dopo la morte del “Venerabile Maestro Kong”, avvenuta l’11 aprile 479 A.C., non poterono fare a meno di arricchire quanto già raccolto dai colleghi precedenti e riportare il tutto in una raccolta di detti, discorsi e massime, chiamata “Lunyu”, che è diventato nei secoli il testo fondamentale del Confucianesimo. L’opera è composta da 20 “libri”, ossia “Il grande studio”, “Il giusto mezzo”, i “Dialoghi” e il “Mencio”, conosciuti in Occidente come”Analecta”.
Comunque sia, Kong Qiu, nonostante l’insegnamento scolastico, non disdegnava affatto di viaggiare sia nello Stato di Lu, che in quelli limitrofi di “Qi”, “Jin” e “Song”, per portare i suoi insegnamenti a chi volesse ascoltarli.
Così, una calda mattina di inizio maggio nel popoloso centro di Jinjang, situato nel vicino Stato di Song, una frotta di ragazzini arrivò correndo nel villaggio urlando: “Arriva il Maestro Kong!”, “Arriva il Venerabile Kong!”. “Come lo sapete? Chi ve lo ha detto?” chiese loro Wang Hé, uno degli anziani più autorevoli del centro rurale.
“A quattro “Li” di distanza (circa due chilometri), abbiamo incontrato un carro trainato da un cavallo con tre persone. Due sedevano davanti e hanno detto di chiamarsi “Yan Hui” e “Zi Gong”, mentre dell’uomo che sedeva su dei cuscini dietro, non ci hanno detto il nome, ma solo che era il più Venerabile e Sapiente Filosofo dell’intera Cina. Da qui abbiamo capito che era il Saggio “Maestro Kong”, la cui fama è conosciuta da tutti”.
Sebbene si trovassero in un altro Stato, i nomi di Yan Hui e Zi Gong erano conosciuti come i più illustri discepoli di Confucio, per cui tutti gli anziani e giovani residenti a Jinjang, si preoccuparono subito di dare una adeguata accoglienza al Venerabile Kong, che aveva deciso di onorarli con la sua presenza nel loro villaggio.
Così fu apprestata subito una casa più che decorosa, messa a disposizione dallo stesso anziano Wang Hé, e si preparò rapidamente un banchetto col quale festeggiare l’inattesa venuta di Confucio. Così, appena giunto al centro abitato , il “Maestro Kong” trovò un “Comitato d’accoglienza” composto dagli anziani saggi e dagli uomini più in vista di Jinjang, che lo ringraziarono con lodi e svariati doni per la sua visita.
Confucio era un uomo alto e magro, dai modi gentili ed educati, che indossava l’”Hanfu”, ossia l’abito tradizionale di Lu, fatto di una lunga tunica di ramiè, una fibra vegetale, simile alla seta, con ampie maniche e colletti che si sovrapponevano e non portava alcun cappello. Finito il banchetto gli indicarono la sua dimora, da dividere con i suoi allievi, chiedendogli con reverenza se il giorno successivo, gli abitanti del villaggio avrebbero potuto recarsi da lui per ascoltare i suoi preziosismi consigli.
Naturalmente il “Venerabile”, come tutti lo chiamavano, accettò e dal mattino successivo, dietro la sua porta si formò una lunga fila di giovani e anziani in attesa di essere ricevuti. Come la buona educazione imponeva, ognuno di essi portava un dono. Chi un sacco di riso, chi della carne secca, chi ampi vasi contenenti “jiu”, una bevanda alcolica fermentata prodotta dal miglio, chi una pezza di preziosa seta, chi monete di bronzo e così via.
I quesiti che venivano posti al Venerabile erano di tutti i tipi. Per esempio un giovane chiese: ”Mia moglie ha fatto un figlio con un altro uomo. Cosa devo fare, ucciderla?” “Non è mai sano ricorrere alla violenza -rispose il Saggio-. Fai così: ripudia tua moglie per 10 anni e poi riprendila con te. Per lei stare tanto tempo lontano dalla sua creatura sarà peggio della morte, e tu non ti sarai macchiato di un insano delitto”.
Un altro autorevole anziano chiese: “Il nostro “Zhuhou” (Feudatario) che governa lo Stato di Song, ci affama con le sue tasse. Come dobbiamo comportarci?”. “La retta giustizia -replicò il Sapiente-, consiste nel rispettare l’ordine costituito, poiché ogni individuo o comunità hanno un ruolo preciso nella società, e l’armonia si ottiene attraverso il rispetto delle gerarchie. Se vi sentite oppressi dal vostro “Zhuhou”, inviategli una supplica scritta al mese e se anche lui ama la rettitudine, ne terrà certamente conto”.
Un altro giovane chiese ancora: “Il mio anziano padre ha perso il senno e, portando una pentola in testa, dice di essere un guerriero ed uccide tutte le galline e le capre credendoli nemici. Sono disperato”. “Una delle regole di una giusta esistenza -ribatté il Venerabile- è la pietà filiale. Cosa farebbe lui se tu non ci fossi? Come si sostenterebbe? Sii paziente e vedrai che queste strane idee, così come sono venute al tuo genitore, nello stesso modo svaniranno!”.
Questi “ricevimenti” durarono per circa due settimana ed il Venerabile, oramai carico di doni, rispose con educazione e pazienza a tutti i quesiti che gli venivano quotidianamente sottoposti. Una mattina di metà maggio, mentre il Saggio stava per ricevere un altro anziano, all’improvviso entrò nella stanza il discepolo “Yan Hui” che disse trafelato “Presto Maestro, stanno arrivando. Ero di vedetta e li ho notati. Al massimo domani saranno qui e dobbiamo temere la loro furia!”.
Senza scomporsi il Saggio fece dire dal discepolo a coloro che attendevano fuori, che per quel giorno il Venerabile, non avrebbe dispensato consigli, e con la calma che lo contraddistingueva si sedette a riflettere su un tappeto. Il giorno successivo, poco dopo l’alba, giunse a Jinjang, scortato da due cavalieri armati alle dipendenze dello “Zhuhou”, un carro guidato da un giovane, con accanto un uomo anziano, non molto alto, dalla lunga barba e vestito con un “Hanfu” di seta blu e un cappello dello stesso colore
Agli abitanti del Centro rurale non fu facile comprendere chi fossero, fin quando uno dei due cavalieri non disse con voce stentorea: “Anziani e giovani del villaggio, vi sembra questo il modo sciatto e incurante di ricevere il Gran Filosofo Confucio ed il suo allievo prediletto Yan Hui, che hanno deciso dopo un lungo viaggio di onorare con la loro presenza voi e altri centri dello Stato di Song? Non provate vergogna per la vostra indifferenza?”
A queste parole la mente dell’anziano Wang Hé fu come attraversata da un lampo e si mise a correre verso la casa che aveva messo a disposizione al “Venerabile” e ai suoi “allievi”. Ma la trovò vuota, cosi come il carro con cui erano arrivati loro tre era svanito durante la notte.
Tutto il villaggio entrò in subbuglio, cominciando ad urlare: “imbroglioni!”, “truffatori!”, “ladri”, “banditi” e così via, in tutto questo ignorando completamente il vero “Maestro Kong” e i suoi accompagnatori. Ma chi era stato tanto abile e credibile da congegnare un trucco così ben riuscito, che aveva reso ricchi i suoi ideatori?
La risposta si trovava nel remoto passato dello stesso giovane Confucio che, quando era sorvegliante di animali, aveva istruito al meglio con i suoi insegnamenti, il suo amico Li Wei. Trascorsi gli anni, ed essendo aumentata sempre di più la fama del “Maestro Kong”, l’antico amico pensò di mettere a frutto a suo modo le conoscenze da questi ricevute.
Così , con l’aiuto di due giovani complici, cominciò a girare i vari Stati spacciandosi per “Confucio” e cercando il modo di ottenere il massimo dalla fama usurpata. I risultati per i tre imbroglioni furono al di là delle aspettative, ricevendo onori e ricchi doni nei vari villaggi in cui si recavano. Il tutto grazie alla simulazione di sapienza da “Maestro Kong” dovuta ad un’ottima’“istruzione da bovaro” ricevuta molto tempo prima, ma irrimediabilmente corrotta in modo truffaldino dall’astuto Li Wei.
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