LAMEZIA TERME La svolta dopo due anni e mezzo. Gli inquirenti di Milano hanno chiuso il cerchio sull’omicidio del capo ultrà dell’Inter ucciso il 29 ottobre del 2022 sotto casa nel quartiere Figino, periferia Ovest di Milano. Un omicidio che si inserisce secondo gli inquirenti all’interno delle vicende legate alla spartizione dei guadagni sulle attività lecite e illecite gravitanti attorno allo stadio di San Siro di Milano: rivendita di biglietti a prezzi maggiorati, estorsioni, merchandising, parcheggi, catering all’interno dello stadio, servizio di guardiania sono tutte attività altamente redditizie che hanno attirato gli appetiti della criminalità, organizzata e non.
Oggi il blitz della Squadra mobile che ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di sei persone, presunti responsabili, nell’inchiesta dei pm Paolo Storari e Sara Ombra. In manette sono finiti Daniel D’Alessandro (cl. ’95), Marco Ferdico (cl. ’85) e il padre Gianfranco (cl. ’63), Pietro Andrea Simoncini (cl. ’83) di Vibo Valentia e Cristian Ferrario (cl. ’74), oltre ad Andrea Beretta già in carcere.
Quello della Nord dell’Inter, dunque, era considerato un bacino tanto proficuo da aver scatenato una serie di atti violenti negli ultimi anni: il tentato omicidio di Enzo Anghinelli e i due omicidi di Vittorio Boiocchi e Antonio Bellocco, oltre ad altri illeciti di vario tipo. L’omicidio di Boiocchi, quindi, si inquadrerebbe in quella “guerra tra ultrà” che negli anni aveva già portato a dissidi e scontri, e poi all’omicidio dello stesso Bellocco. Per tutto questo tempo le indagini della Procura di Milano e quelle della Digos hanno esaminato piste, scandagliato indizi e verificato dichiarazioni e testimonianze. Primo tassello fondamentale, l’inchiesta “Doppia Curva” della Dda di Milano contro le fazioni nerazzurre e rossonere del Meazza. Ma la svolta – e c’era da aspettarselo – è arrivata solo dopo il pentimento di Andrea Beretta, suo “successore” nella Nord dell’Inter e collaboratore di giustizia dopo l’omicidio del rampollo della ‘ndrangheta calabrese, Antonio Bellocco, ucciso lo scorso 4 settembre 2024 a Cernusco sul Naviglio. Attraverso le sue dichiarazioni e i successivi riscontri, infatti, gli inquirenti hanno ricostruito il filo conduttore che ha portato all’omicidio di Boiocchi.
L’attività di indagine avrebbe così fatto emergere che i contrasti tra Beretta e Boiocchi non erano mai stati risolti del tutto e l’occupazione esclusiva del merchandising per gli inquirenti «non è stata altro che una imposizione di Boiocchi per tenere Beretta fuori dalle dinamiche e dagli interessi connessi alla tifoseria organizzata». La stessa sera dell’omicidio di Boiocchi, inoltre, Beretta ha distrutto il suo cellulare, non appena viene a conoscenza dell’omicidio. Ma saranno le sue dichiarazioni rese agli inquirenti della Dda di Milano ad escludere eventuali coinvolgimenti di Antonio Bellocco e la sua famiglia, proprio perché ha confessato di essere stato lui il mandante.
L’esecuzione materiale, invece, sarebbe stata demandata a Marco Ferdico e il papà Gianfranco. I due, per il progetto omicidiario, avrebbero assoldato Daniel D’Alessandro e Pietro Andrea Simoncini, suocero di Marco Ferdico. Il tutto dietro pagamento di 50mila euro. L’indicazione sull’impiego della famiglia Ferdico gli sarebbe stata suggerita da Mauro Nepi Mauro che, proprio come Beretta, non godeva di particolare credito in termini di fedeltà da parte di Boiocchi. Il collaboratore di giustizia Beretta avrebbe anche raccontato ai pm le modalità: l’omicidio sarebbe stato consumato a bordo di una moto acquistata dallo stesso Beretta ed intestata ad un suo uomo di fiducia, Cristian Ferrario, «autore materiale, successivamente all’omicidio, della distruzione ed occultamento della moto» che, nelle fasi salienti del delitto, «sarebbe stata occultata all’interno di un furgone (Fiat Ducato di colore bianco) nella disponibilità dei Ferdico». (g.curcio@corrierecal.it)
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