Il prossimo 3 ottobre 2025 il Giornale Radio RAI della Calabria compie settanta anni. Lo ha inaugurato Corrado Alvaro con un editoriale di tre minuti. È stato l’ultimo atto della sua attività alla radio della RAI: il male incurabile lo costringerà a letto fino alla morte avvenuta l’11 giugno 1956.
Una mattina d’estate del 1988, appena giunto al lavoro, entrai nella teca; fui attratto da una scatola di colore bianco e giallo, quadrata. La presi e la spolverai. Sopra vi era impressa la scritta ferrania, il nome della famosa casa produttrice di pellicole cinematografiche e supporti magnetici per la radio; sul retro, in corsivo Voce di Corrado Alvaro. All’interno c’era una flangia di plastica con un nastrino magnetico di circa tre minuti. Corsi ad ascoltarla. Sentii la voce del mai dimenticato Emanuele Giacoia annunciare solennemente: “Voce di Corrado Alvaro registrata il tre ottobre 1955“. Seguiva proprio lui, il Calabrese di San Luca d’Aspromonte, che leggeva l’editoriale con il quale il 3 ottobre del 1955, inaugurò il Gazzettino della Calabria. Dalle ore 12.30 alle 12.50 i calabresi, per la prima volta nella storia del giornalismo e della RAI, ascoltano un notiziario redatto solo per loro. Quel 3 ottobre del 1955 è proprio Alvaro che parla a loro. La sua voce si diffonde in tutta la regione e raggiunge persino Messina. È rauca, impastata dal fumo delle sigarette. Il ritmo di lettura incisivo, sostenuto, sicuro; il tono è delle grandi occasioni, ma non enfatico. Il registro medio. Traspare il grande amore per la sua terra e l’entusiasmo per l’istituzione del giornale radiofonico. Riteneva la comunicazione un problema molto serio per la Calabria.
«Un giornale periodico della radio, dedicato alla Calabria potrà rendere preziosi servigi ai rapporti tra la regione e i centri della vita culturale e politica. La Calabria fu sempre tra le più appartate contrade italiane, per diverse cause, tra cui basterà accennare qui ai problemi della viabilità. Ciò che ha sempre reso difficile la sua vita economica ed il suo sviluppo culturale sul piano nazionale. Il miglioramento delle comunicazioni ferroviarie e della rete stradale e la vivace ripresa culturale dei centri della regione, dopo quella ventina d’anni in cui i focolai di cultura locale furono avversati per una tendenza accentratrice, renderanno più agevoli e fecondi gli scambi e i rapporti. Per quanto la Calabria sia da lunga e mai dimenticata tradizione particolarmente incline alla cultura, la stampa vi è poco diffusa, e questo non soltanto per la difficoltà delle comunicazioni ma per la modesta economia del Paese. Ma intanto tutti i viaggiatori delle case editrici italiane tornano dalla Calabria dicendo che hanno trovato persone curiose, interessate, informate dei fatti calabresi, e desiderose delle più serie letture. Un periodico calabrese della radio italiana ha, dunque, la possibilità di superare gli ostacoli che ancora si frappongono nelle comunicazioni e anche le difficoltà economiche. Sta ai redattori di questo periodico, ai suoi informatori, ai suoi corrispondenti e collaboratori farne uno strumento attivo per il risollevamento della regione e per la sua coscienza sociale e individuale. Noi calabresi siamo capaci di astrazione. Forse per la complessità dei nostri problemi di vita da cui evadiamo volentieri per immaginarne una meno faticosa e difficile. Ora la funzione di un simile giornale radio radiofonico è che sia legato alla realtà. In una certa parte della stampa periodica calabrese è raro trovare lo studio di una data situazione locale, su determinate condizioni del lavoro, dell’economia e della società. E invece sono proprio queste cose che contano nell’azione che una collettività conduce per il suo progresso, e per far sentire la sua presenza negli interessi nazionali. Dico queste cose con la franchezza di chi lontano dalla Calabria vorrebbe vedere rispecchiare nella stampa periodica della sua regione quegli studi e quelle testimonianze di una vita reale che in molte altre regioni, meno bisognose di aiuto e di riforme, e molto più prospere, mettono di continuo sotto gli occhi del lettore studi e indagini sulla economia, l’industria, l’agricoltura, insieme con le ricerche di storia locale. Sono questi i documenti che contano per il legislatore e per l’uomo di cultura».
È l’inizio di una nuova era culturale per la Calabria. Fino ad allora i calabresi avevano avuto qualche notizia sulla vita della regione solo dal Gazzettino del Mezzogiorno, redatto e trasmesso da Napoli. Al Sud per vivere bisognava andare al Nord, verso la FIAT. Non c’erano università. Bisognava andare a studiare a Napoli o a Roma, comunque fuori regione. Solo nel Sessantotto a Reggio Calabria nasce il Libero Istituto Universitario di Architettura ed è approvata la legge istitutiva dell’Università della Calabria. Non c’erano industrie. Le ultime, quelle delle Ferriere del Monte Consolino, erano state abbandonate dopo il passaggio di Garibaldi. La sede RAI fu istituita nel dicembre del 1958, a Cosenza, in Via Montesanto, 25, tre anni dopo l’istituzione del Gazzettino della Calabria. Anche il contesto editoriale era assai debole. Esisteva un solo quotidiano: La Gazzetta del Sud, tra l’altro di Messina. Le notizie arrivavano dalle grandi città tramite telescriventi o per telefono, ma i telefoni erano ancora pochissimi. Nei piccoli centri le informazioni arrivavano con il “fuori sacco”: viaggiavano per lettera fuori dalla posta ordinaria, consegnate agli uffici postali e ritirate dai fattorini dei pochissimi giornali. Pochissimi i tipografi qualificati. La radio è la novità che può sconvolgere quel mondo arcaico e povero. Alvaro era certo che il Gazzettino per la Calabria, scritto dagli stessi calabresi, avrebbe inciso profondamente nella vita della regione; sarebbe servito per raccontare la loro “vita reale”, appassionatamente ricostruita dagli storici locali, quella che fa la storia. È dalla conoscenza della vita reale quotidiana che si conosce un popolo. La vita reale, osserva Alvaro nel reportage dalla Russia pubblicato sul quotidiano “La Stampa”, «è scritta in viso a quelli che passano, sul selciato della strada, in fronte agli edifizi, nelle abitudini di vita, nelle botteghe, nelle domande occasionali dei vicini, nei bisogni dell’umanità che circonda il viaggiatore e che finiscono per proiettarsi nella stessa vita».
Le aspettative di Alvaro erano grandi ma la realtà è stata diversa. Effettivamente, attraverso il Gazzettino, la Calabria ha cominciato a parlare, ma solo a se stessa; non alle altre regioni, tantomeno al Paese intero; nemmeno quando, nel 1979 è stata istituita la Terza Rete TV. Per i giornali e i telegiornali nazionali la Calabria era ed è solo generatrice di notizie e fatti efferati. Oggi, forse, ancora di più, in considerazione dell’esasperazione della cultura del profitto che richiede il sensazionale, il tragico, per sostenersi. E la Calabria, secondo l’errato convincimento generale, è di sicuro successo mediatico, in quanto ritenuta terra di sangue ed orrori. La scoperta dell’editoriale e della vita di Alvaro in RAI mi ha ispirato a proporre all’azienda di intitolare a lui il polifunzionale della sede di viale Marconi. La proposta caldeggiata dall’on. Gugliemo Rositani, calabrese, allora membro del C.d.A della RAI, e dall’ing. Demetrio Crucitti, direttore della sede calabrese, è stata accolta, cosicché dall’11 luglio 2014 la sala polifunzionale della sede RAI per la Calabria è intitolata a Corrado Alvaro, un riconoscimento dovuto a un uomo libero dentro che ha portato la Calabria nel mondo, per quello che realmente è. (redazione@corrierecal.it)
Roberto De Napoli (1948), laurea in lettere. Programmista Regista RAI: autore testi, conduttore e regista di programmi radiofonici regionali e Radio Uno. Autore testi con documenti audiovisivi originali e inediti per RAI DUE. Direttore per conto della RAI e tutor al corso IFTS di regia televisiva, cinematografica e teatrale. Regista di telegiornali e rubriche televisive regionali e nazionali, ha scritto, tra l’altro, saggi, articoli e volumi su Alvaro giornalista e Alvaro e la radio.
Nota esplicativa “Ripensare Alvaro” di Rubbettino Editore
*In copertina foto tratta da “70 anni di televisione, 100 anni di radio” della Rai in mostra al Maxxi
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