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Calabrò respinge le accuse: «Non c’entro nulla con il rapimento di Cristina Mazzotti»

Nuova udienza del processo che vede il calabrese originario di San Luca imputato insieme ad Antonio Talia e Demetrio Latella

Pubblicato il: 16/04/2025 – 19:27
Calabrò respinge le accuse: «Non c’entro nulla con il rapimento di Cristina Mazzotti»

COMO Nuova udienza oggi a Como del processo per il sequestro di Cristina Mazzotti, rapita a Eupilio (Como) la sera del 30 giugno 1975 e ritrovata morta il primo settembre successivo in una discarica di Galliate (Novara). Uno dei tre imputati, Giuseppe Calabrò, 74 anni, originario di San Luca ma residente a Bovalino (Reggio Calabria), noto anche con il soprannome di “‘u dutturicchiu”, ha rilasciato spontanee dichiarazioni sostenendo di non avere nulla a che fare con il rapimento. L’accusa gli contesta di avere fatto parte del gruppo di sequestratori in azione la sera del 30 giugno, e in particolare di avere tenuto Cristina e gli amici che erano con lei sotto la minaccia di una pistola spianata, sedendo sul sedile passeggero della Mini della ragazza. “Sono mancino – ha detto Calabrò ai giudici – come avrei potuto tenerli sotto tiro da quella posizione? E poi nelle deposizioni di quegli anni il sequestratore armato di pistola veniva descritto come uno con un naso grosso, carnoso, ricurvo. Ora che sono qui davanti a voi guardatemi e guardate il mio naso”. Altra questione rilevata dall’imputato è quella delle impronte: “Ci è stato detto che i rapitori agirono senza guanti e che quello sul sedile davanti era il più agitato… Come mai non ci sono mie impronte sulla Mini?”. Calabrò ha poi ricordato di essere arrivato in Lombardia nel 1977, cioè due anni dopo il rapimento e la morte della giovane: “Negli anni del sequestro, facevo piccoli reati, soldi falsi, cose del genere, come avrei potuto improvvisamente diventare un rapitore? Non c’entro niente con il sequestro Mazzotti”. Gli altri imputati sono Antonio Talia, 73 anni di Africo (Reggio Calabria) e Demetrio Latella, 71 anni, detto “Luciano”, residente in provincia di Novara, l’uomo una cui impronta fu rinvenuta sulla carrozzeria della Mini ma che a Latella fu attribuita soltanto a fine 2006 dal sistema Afis della polizia scientifica di Roma. Un quarto imputato, Giuseppe Morabito, è deceduto per malattia lo scorso novembre, a processo già avviato. Prossima udienza il 28 maggio, la sentenza è attesa entro luglio. (ANSA).

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