LAMEZIA TERME Avrebbe aderito all’Isis, professandosi Salafita-Takfira, il cui obiettivo era il jihad contro gli “infedeli” e gli apostati, mettendo in atto alcune pratiche tipiche degli appartenenti all’organizzazione terroristica di matrice islamica. Con queste accusa gli agenti della Digos di Catanzaro hanno eseguito un fermo di indiziato di delitto nei confronti di Halmi Ben Mahmoud Mselmi, tunisino classe 1997, residente a Cosenza. L’operazione, coordinata dalla Procura di Catanzaro, riguarda una serie di reati e aspetti legati ad un contesto terroristico internazionale
La polizia giudiziaria ha fornito opportune informazioni sul “movimento Takfira” ovvero una derivazione di quello “salafita”. Gli appartenenti a questo movimento, in particolare, si connotano per una visione della religione particolarmente radicale, rivendicando un peculiare stile di vita tradizionale e poco propenso alla innovazione. Sono votati alla guerra santa e considerano il martirio come una sublimazione della loro persona, quale voto alla divinità. Elementi che, secondo gli inquirenti, avrebbero consentito di contestualizzare il fermo del cittadino tunisino. Tra le attività contestate a Mselmi, infatti, c’è quella tipica dell’indottrinamento degli aspiranti «attraverso discorsi nei quali veniva progressivamente inculcata la ideologia del terrore, mettendo in evidenza la centralità della religione islamica» e «ricorrendo ad azioni sanguinarie, anche suicide, presentandole come condotte doverose, in forza della dottrina religiosa musulmana, enfatizzando il sacrificio quale strumento per ottenere il riconoscimento finale dalla divinità con l’accesso al paradiso». Secondo quanto ricostruito dall’accusa, inoltre, il tunisino avrebbe fatto esortazioni anche a terze persone a «combattere a morte i miscredenti» e a «punire i “morted”».
Tra le attività contestate, anche quella dell’auto-addestramento. Secondo l’accusa, infatti, Mselmi lo scorso 4 settembre avrebbe scaricato da internet un manuale, in lingua araba, intitolato “Come uccidere”. E poi una serie di video e foto cruente che ritraevano attentati come quello al teatro di Mosca Crocus City Hall, all’ambasciata di Israele a Belgrado, alla Moschea sciita di Mascat, a un check point di soldati israeliani o al noto assalto di Hamas del 7 ottobre 2023 contro un rave party e contro alcuni Kibbutz in Israele. Tra i “canali” che l’indagato tunisino avrebbe utilizzato c’era anche Facebook. Attraverso i social, secondo l’accusa, avrebbe diffuso una serie di post inneggianti al Jihad, sottolineando trattarsi dell’unico modo per ottenere i favori di Allah, esaltando l’opera di personaggi musulmani votati al Jihad e al martirio.
Gli agenti della Digos, calcolato l’elevato pericolo di fuga dell’indagato, hanno eseguito il fermo del cittadino tunisino, già ricercato in Tunisia, pronto secondo le indagini, al compimento nel prossimo futuro di un atto terroristico in Italia. (g.curcio@corrierecal.it)
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