Mimmo Lucano non è una persona da scoprire. Sarebbe meglio dire che ci siamo dimenticati di due cose importanti che lo riguardano: il suo senso umanitario e il suo dovere verso chi ha bisogno.
Il riferimento è agli “appannaggi” da primo cittadino che andavano a finire nelle mani della povera gente che avevano lasciato il loro Paese per tentare la fortuna nel nostro.
Mimmo Lucano non soltanto riuscì a trovare il modo per destinare a quegli afflitti non soltanto un posto per non dormire sotto un albero in aperta campagna, quanto di consegnare nelle loro mani le chiavi di abitazioni che i suoi concittadini avevano “abbandonato” per recarsi all’estero in cerca di un lavoro.
Bisogna ricordare inoltre che Lucano si mise a “mendicare” tra i suoi conterranei per cercare, quanto meno, di sfamare i migranti dopo essere riusciti a toccare terra sulla costa jonica della Calabria.
La risposta all’altruismo di Lucano, è bene ricordare, fu il deferimento davanti al Tribunale Civile di Locri che, se lo avesse condannato, avrebbe determinato la sua decadenza da Sindaco.
Adesso la storia sembra che, per taluni aspetti, si possa ripetere: Lucano andrà in giudizio il prossimo mese di giugno. L’accusa è di essersi autonominato “responsabile dell’area tecnica del suo comune”. Ciò nell’attesa che si possa individuare un sostituto tra i dipendenti comunali.
Mimmo Lucano, da parte sua, evidenzia che nessuno dice, o scrive, che da Sindaco, egli dirotta ben seimila euro del suo stipendio da europarlamentare, per la mensa sociale e per i figli dei “rifugiati”. Anche questo fa parte della “vita” raccontata dal Sindaco di Riace.
Non è la prima volta che Mimmo Lucano, obtorto collo, si debba giustificare per il suo modo di fare del bene. Già in passato lo ha dovuto fare in favore di chi ha avuto bisogno.
Lucano si lamenta, per esempio, che nessuno dice dei seimila euro al mese che lui sottrae alla sua famiglia.
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