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il ricordo

Se un Papa diventa grande per le sue imperfezioni

«Ogni volta che vengo in questi luoghi mi chiedo perché loro e non io». Sono le parole che Papa Francesco, che oggi è scomparso, aveva detto nel giovedì santo ai detenuti di Regina Coeli. Dopo 12 …

Pubblicato il: 21/04/2025 – 16:47
di Mario Campanella
Se un Papa diventa grande per le sue imperfezioni

«Ogni volta che vengo in questi luoghi mi chiedo perché loro e non io». Sono le parole che Papa Francesco, che oggi è scomparso, aveva detto nel giovedì santo ai detenuti di Regina Coeli. Dopo 12 anni di pontificato, quasi dieci nella condivisione con un Papa dimissionario e per certi versi unico, il Pontefice ci ha lasciati. Dice bene Marcello Veneziani quando afferma che non lo si può giudicare oggi per il suo magistero. Che è stato divisivo, cosi come accadde per i suoi due illustri predecessori.

Per tanti tradizionalisti era troppo progressista, pur essendo un gesuita. E del resto, nonostante Francesco d’Assisi sia stato considerato il “secondo Cristo”, nessuno prima di Bergoglio ne aveva assunto il nome. Chi gli addebita la carenza di fede è fin troppo ingeneroso, dimenticando che il lungo processo di scristianizzazione parte da lontano e coincide con il vuoto nichilistico e ideologico che accompagna i nostri tempi. La sua dedizione agli ultimi e alla povertà, che in realtà dovrebbe essere la missione evangelica, ha conquistato tanti laici. Cosi come la sua apertura al mondo laico.

C’è chi pensa che un Papa debba essere per sua natura perfetto e inavvicinabile e che questo rappresenti un ritorno alla fede. Ma pur essendo teologicamente l’erede di Pietro, il Papa rimane un uomo, imperfetto come tale. Se è vero che la Chiesa ha difficoltà oggi a parlare di Dio e della speranza è altrettanto vero che la funzione di Francesco è stata proprio quella di rendere la fede un obiettivo possibile per chiunque. Il mistero profondo della Chiesa, duemila anni dopo, rimane la sua salda presenza pur tra secoli poco illuminati e dominati dal potere temporale che ne ha fatto spesso più uno Stato(piccolo e potente) che una fede. Nonostante tutto, da Giovanni Paolo II in poi la dottrina sociale cattolica rimane un baluardo contro il dilagare del capitalismo e le disuguaglianze evidenti nel mondo.

Non sappiamo chi sarà il suo successore, ma egli merita un posto tra i grandi proprio per una semplicità disarmante. Criticarlo perché acquistava gli occhiali come un privato cittadino, dormiva in una casa modesta, telefonava a gente semplice significa attribuire al ruolo del Pontefice una simbologia regale. Mentre proprio nell’umiltà si attesta il messaggio cristiano. Ancora oggi ostacolato da un farisaismo dilagante.

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