La Pasquetta 2025 la ricorderemo tutti. La notizia della morte di papa Francesco ha scosso sin dal mattino quella che doveva essere una tranquilla giornata di festa e di tradizioni varie, trascorsa tra mare e montagna. Siamo stati “costretti” ad ascoltare le notizie riportate dai TG e dalle varie trasmissioni fiume che in Radio e nelle Tv nazionali e locali si sono susseguite. La morte del Papa questa volta non veniva annunciata da Fabrizio Corona, ma dalla fonte ufficiale della Santa Sede. Non era farlocca, preannunciata tanto per attirare l’attenzione a sé creando curiosità, polemiche e giudizi vari. La notizia ha scosso, non solo il giorno di Pasquetta, ma il mondo intero. Tutti i Capi di Stato e di Governo, unitamente ai Leader religiosi del mondo hanno espresso cordoglio e parole di stima e di apprezzamento verso il papa “venuto dalla fine del mondo”, come lui stesso si definì presentandosi in una piazza San Pietro come al solito gremita di fedeli in attesa di vedere il volto e il nome del nuovo papa. Soprese tutti con la sua non comune semplicità, con quel “buona sera” e quell’inchino dinanzi al popolo. Ma sorprese ancor di più per il nome scelto, profetico e programmatico ad un tempo. Ricordo che mi trovavo a Roma nei giorni di quel conclave e mentre pranzavo assieme ad Anna Falcone, grande donna Calabrese amica carissima prima che parente, dicevamo quasi scherzando «ti immagini se sceglierà il nome di Francesco». La gioia fu davvero grande quando sentimmo pronunciare quel nome e in cuor nostro entrambi sentimmo quell’emozione che si prova quando da molto tempo si è in attesa che un evento sognato e sperato che accada. Un nome che, come detto, non solo è stato programmatico del suo pontificato, ma profetico rispetto a una parte della Chiesa e a un mondo che aveva perso di vista l’essenziale, ciò di cui ognuno di noi è portatore: la nostra umanità. Quella che si manifesta nel volto di ogni donna, uomo, bambino a prescindere dal colore della sua pelle, dalla sua provenienza, appartenenza religiosa o culturale, dalle sue inclinazioni sessuali. “Fratelli tutti”, in un mondo che ci contiene tutti e ci chiama ad un impegno globale per poterlo custodire. La reazione di apprezzamento unanime di tutti i Leader mondiali è un segno di come Papa Francesco sia stato vero profeta. Come ogni profeta, anche lui quando era in vita è stato fortemente divisivo ad intra e ad extra. All’interno della Chiesa che, nonostante duemila anni di Vangelo, fa ancora molta fatica a superare quel nocciolo duro a morire dei cerchi di potere, totalmente incapace di superare la tentazione che quel determinato incarico ricevuto, fosse anche il più importante, non va vissuto e inteso per esercitare un determinato potere, ma come occasione di servizio.
Un grande papa del passato Gregorio magno questo lo aveva ben compreso. Fu lui ad istituire il titolo di Servus servorum Dei per il suo papato. “Servo di Dio” è, nell’Antico Testamento, l’appellativo dei profeti: “Parla, Signore, il Tuo servo ti ascolta” (1Sam 3, 9-10). Sant’Agostino aveva anticipato l’attribuzione di questo titolo a sua madre, santa Monica, più di un secolo prima quando, nelle sue Confessioni, la chiama la “serva servorum tuorum”, cioè, “la serva dei tuoi servi”, intendendo dire i servi di Dio (Conf. 9,9,22). Sì, Francesco proprio perché servo di tutta l’umanità è stato vero profeta che partendo dagli ultimi ha saputo intrepretare come nessun altro il grido di una umanità ancora troppo sofferente, martoriata dalle bombe, dalla fame e dall’ingiustizia sociale.
Ha saputo come nessun altro mostrarci attraverso parole e gesta, profetiche anch’esse, il vero volto del Dio della tenerezza e della misericordia. Con forza ha saputo scuotere le coscienze anche degli sfruttati e degli ultimi ingabbiati spesso da un clima di mortifera rassegnazione. Voglio qui ricordare alcuni suoi pronunciamenti non a caso subito dimenticati: «non bisogna rimanere a braccia conserte. Occorre saper passare dalla fase della mera resistenza a quella della lotta per l’appropriazione del potere politico, dalla lotta sociale alla lotta elettorale. Non serve una politica per i poveri ma una politica dei poveri». Ancora più esplicitamente parlando ai giovani ebbe a dire: «ragazzi la carità è una bella cosa ma serve la politica». Ora che non ci sei più caro Francesco, i grandi del mondo, da Putin a Tramp passando per la Meloni, tutti ti riconoscono in forma implicita o esplicita, che sei stato unico e vero profeta e come tale hanno preferito non seguirti da vivo ma osannarti da morto. (redazione@corrierecal.it)
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