LAMEZIA TERME Il Papa che ha sfidato la ‘ndrangheta e la mafia. Nel Pontificato di Francesco la “scomunica” ai mafiosi pronunciata dalla Spianata di Sibari nel giugno 2014 ha sicuramente rappresentato uno dei punti di più profonda discontinuità e di rottura, nel segno di quel magistero controcorrente che è stato un tratto distintivo dell’azione del Papa argentino. E la sfida alla ‘ndrangheta e alla mafia è anche nei gesti che restano in silenzio, come quello che racconta don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e un altro “prete di strada” di quelli che Papa Francesco amava particolarmente, in un’intervista a “La Stampa”. Don Ciotti in particolare si riferisce a un incontro in Vaticano con le donne in fuga dalla ‘ndrangheta e dalla mafia con il progetto “Liberi di scegliere”: «Ha voluto incontrarle in gran segreto. Con i loro figli. La prima cosa che ha detto – rivela don Ciotti – è stata: “Non vi lasceremo mai sole”. Questo dà la misura della sua umanità e del suo coraggio. “Benedico questa vostra scelta e vi incoraggio ad andare avanti. Immagino che ci siano stati momenti di paura, di smarrimento. E normale. In questo momento pensate al Signore Gesù che cammina al vostro fianco”».
Una testimonianza “forte”, quella di don Luigi Ciotti, che in un’altra intervista, a “Repubblica”, racconterà però anche delle “resistenze” che Papa Francesco incontrò in Vaticano sul progetto di approfondire i temi dell’antimafia: «Purtroppo – sostiene don Ciotti – a un certo punto si è interrotto. Non l’attenzione di Papa Francesco che è rimasta viva su questi argomenti, ma internamente al Vaticano c’è stato un freno». Mentre a “Fanpage” don Ciotti commenta la “scomunica” pronunciata in Calabria nel 2014 quando il Pontefice definì ‘ndranghetisti e mafiosi “adoratori del male” precisando che “sono scomunicati” perché “non sono in comunione con Dio”. «Va detto – ha osservato don Luigi Ciotti – che questa condanna così netta è riferita ai comportamenti e alle organizzazioni, mentre non chiude le porte alla possibile conversione dei singoli. Si può parlare di scelta anti-mafiosa in quanto volta a condannare e rimuovere nelle persone gli atteggiamenti e comportamenti mafiosi. Rimuovere gli atteggiamenti, ma non nel senso di rifiutare la persona del mafioso: deve infatti stare a cuore alla comunità che anche lui o lei si penta e viva». Secondo don Ciotti poi «il Papa ha dimostrato anche in altre situazioni il suo coinvolgimento sul tema della corruzione – della quale si era occupato già in Argentina, da Cardinale – e delle mafie. Di recente aveva voluto incontrare gruppo di donne e bambini in fuga dai contesti mafiosi di origine, rivolgendo loro parole di stima e incoraggiamento. E aveva suscitato sorpresa la sua scelta di ospitare a settembre scorso in Vaticano un convegno sull’uso sociale dei beni confiscati ai mafiosi: un argomento da alcuni percepito come troppo “tecnico” per interessare la Chiesa, e di cui lui aveva invece colto la portata innovativa. Nella concretezza dell’impegno di tante realtà e associazioni, anche cattoliche, aveva intuito il potere di alimentare percorsi incisivi contro il male, e di restituzione del bene comune a partire dalle persone più svantaggiate». (c. a.)
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